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L’unanimismo dei media danneggia il governo
Se la Rai, Sky Tg 24, perfino il Tg 5, e il
gruppo Gedi, una ventina di quotidiani, il “Corriere della sera”, il gruppo del “Messaggero”,
cioè tutta l’informazione tv e tre quarti di quella a stampa, sono per Draghi
comunque, Salvini è costretto a smarcarsi. Ha sempre interesse a sostenere il
governo Draghi, ma per “fare notizia” nell’unanimismo dei media deve inventarsi
qualcosa, per esempio l’astensione.
L’unanimismo danneggia il governo. In due
modi.
Non si direbbe, più l’appoggio è esteso, più
un governo è solido. Ma l’unanimismo dei
media è un boomerang. Poiché i governi sono di coalizione - i governi della
Repubblica sono sempre di coalizione, essendo la costituzione “parlamentare”
nel senso stretto del termine, quale che sia l’alchimia delle leggi elettorali
- lo schieramento univoco dell’informazione costringe i partiti a differenziarsi.
Come se fossero contro il governo. Non lo sono, ma il governo ne viene però danneggiato,
non solo nell’immagine – logorato. Se trovassero spazio nell’opinione non
avrebbero bisogno di differenziarsi in continuazione.
Anche il secondo tipo di danno è effetto dell’unanimismo
mediatico: l’eccesso polemico. Qualsiasi differenziazione – che è ovvia in un
governo, organo collegiale – deve essere polemica. O comunque prestarsi a
polemica, per fare breccia nell’unanimismo. Un’astensione non pregiudica il
funzionamento del governo, ma deve essere polemica per fare opinione. Nel caso
dell’astensione di Salvini, capopartito alla ricerca di visibilità, consentire
titoli del tipo: “Salvini boccia il governo, due volte”. “Ira di Draghi (si
dice premier, ma Draghi non è premier, nessun presidente del consiglio lo è),
n.d.r.) per il dietrofront: «Un precedente grave»”.
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