New York brilla del niente
Racconto di formazione a
Manhattan. L’aspirante scrittore lavora alla correzione di bozze dell’Importante
Rivista che sapete (“New Yorker”? “Esquire”?), al controllo dei “fatti”, è
stato lasciato dalla moglie pescata nel Kansas, o nel Nebraska, golosa di approdare
a New York, dopodiché se ne è andata, e frequenta amici che vivono di notte e
ragazze senza appeal: un mondo unito
e verniciato dalla cocaina. Ma gli affetti e i lavori veri stanno all’orizzonte.
Un racconto del niente, che
richiama Guido da Verona, Pitigrilli. Con molte parole, troppe, per una decina
di bevute e di “tiri”, con il lavoro redazionale nelle pause. Tra l’amore andato
a male e uno, chissà, ma sì, insorgente. Senza drammi, senza nemmeno effetti
speciali - una ragazza bella o intelligente, un cattivo brutto, una seduzione,
uno sballo. Ma racconto gradevole – in italiano perlomeno: la traduzione, di
Marisa Caramella, è allegra e leggera.
È il “romanzo” con cui “McIverney
quando aveva ventinove anni è diventato in breve uno dei più acclamati best-seller
d’America”, recita la quarta di copertina
Jay McIverney, Le mille luci di New York, Bompiani, pp.
157 € 10
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