Due ragazze, una “fredda
berlinese” e una “passionale italiana”, amiche di penna che si incontrano
alternativamente a Berlino e a Milano,
in viaggio in autostop da Milano a Berlino incappano in un sedicente
conte che pretende di portarsele a Parigi e arricchirle come squillo (oggi
escort) di lusso e nel commercio della coca, avendo loro sottratto i
passaporti, e quando tentano di difendersi a colpi di borsetta non reagisce,
stecchito. Un approccio semplice, e fulminante: quante avventure si preannunciano
alla seconda pagina.
Scerbanenco, autore apprezzato in
Francia, ambienta la vicenda subito al di là della frontiera, nella valle del
Rodano, tra Chambéry e Lione, per rendere omaggio alla “efficientissima polizia
francese”. Il cui dominus nella vicenda, il funzionario giovane che la seguirà
e la sbroglierà è tanto duro nel mestiere quanto innamorato, dolce, della
berlinese, vecchia conoscenza di questa primissima Europa dei giovani.
Un romanzo, non un semplice
giallo. Con capovolgimenti di scena ogni due pagine. E con tutto l’occorrente: fughe,
inseguimenti, bugie, tradimenti, carte false, corse in autostrada nella
Germania controllata da russi, e russi (con un omaggio all’Ucriana). C’è già
pure il Modello Epstein, delle ragazze giovani e vergini vendute agli amici
ricchi e potenti. Ma con personaggi a tutto tondo. Con polizie efficienti in
mezza Europa. E con la patina del primo “Esramus” europeo: la voglia di
viaggiare, in autostop, allora si poteva – succederà l’interrail, e poi
l’Esramus propriamente detto. Con un intreccio, anche, d’amore, credibile, non
di maniera. Tra un romantico maschio e la femmina disinvolta – un dato molto
realistico, che la storia delle donne fa male a trascurare. Si direbbe un
capolavoro del genere.
Pubblicato postumo nel1972.
Scerbanenco, autore prolificissimo, di un numero sterminato di racconti, rosa,
gialli e di ogni colore, e di una settantina di romanzi, compresi un ciclo messicano, uno bostoniano (Arthur
Jelling) e uno milanese (Duca Lamberti), era morto nel 1969 di 58 anni – dai
quali bisogna sottrarre i primi, improduttivi, impiegati a emigrare
dall’Ucraina a Roma prima e poi a Milano, senza padre, un professore di latino
e greco ucciso nella rivoluzione, e con un
italiano problematico, senza studi, nemmeno le elementari, apprendista,
operaio, conducente di ambulanze. Che non è una biografia all’americana, è –
era stata – la sua squallida realtà. Nel 1943, finalmente approdato al “Corriere
della sera”, il fascismo scrollò, e dovete cautelarsi, come tutta la redazione, con un paio d’anni
di “esilio” in Svizzera.
Giorgio Scerbanenco, Europa molto amore, Garzanti,
remainders, pp.194 € 3,82
Scerbanenco, autore apprezzato in Francia, ambienta la vicenda subito al di là della frontiera, nella valle del Rodano, tra Chambéry e Lione, per rendere omaggio alla “efficientissima polizia francese”. Il cui dominus nella vicenda, il funzionario giovane che la seguirà e la sbroglierà è tanto duro nel mestiere quanto innamorato, dolce, della berlinese, vecchia conoscenza di questa primissima Europa dei giovani.
Un romanzo, non un semplice giallo. Con capovolgimenti di scena ogni due pagine. E con tutto l’occorrente: fughe, inseguimenti, bugie, tradimenti, carte false, corse in autostrada nella Germania controllata da russi, e russi (con un omaggio all’Ucriana). C’è già pure il Modello Epstein, delle ragazze giovani e vergini vendute agli amici ricchi e potenti. Ma con personaggi a tutto tondo. Con polizie efficienti in mezza Europa. E con la patina del primo “Esramus” europeo: la voglia di viaggiare, in autostop, allora si poteva – succederà l’interrail, e poi l’Esramus propriamente detto. Con un intreccio, anche, d’amore, credibile, non di maniera. Tra un romantico maschio e la femmina disinvolta – un dato molto realistico, che la storia delle donne fa male a trascurare. Si direbbe un capolavoro del genere.
Pubblicato postumo nel1972. Scerbanenco, autore prolificissimo, di un numero sterminato di racconti, rosa, gialli e di ogni colore, e di una settantina di romanzi, compresi un ciclo messicano, uno bostoniano (Arthur Jelling) e uno milanese (Duca Lamberti), era morto nel 1969 di 58 anni – dai quali bisogna sottrarre i primi, improduttivi, impiegati a emigrare dall’Ucraina a Roma prima e poi a Milano, senza padre, un professore di latino e greco ucciso nella rivoluzione, e con un italiano problematico, senza studi, nemmeno le elementari, apprendista, operaio, conducente di ambulanze. Che non è una biografia all’americana, è – era stata – la sua squallida realtà. Nel 1943, finalmente approdato al “Corriere della sera”, il fascismo scrollò, e dovete cautelarsi, come tutta la redazione, con un paio d’anni di “esilio” in Svizzera.
Giorgio Scerbanenco, Europa molto amore, Garzanti, remainders, pp.194 € 3,82
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