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Giono anticipa Fo, e Truman Capote
“Il presidente, l’assessore, i
giudici, l’Avvocato generale, il procuratore sono uomini la cui onestà e
dirittura non possono essere sospettati. Hanno la convinzione intima che
l’Accusato è colpevole. Io dico che questa convinzione non mi ha convinto. Assassinio
a parte, tutti sono d’accordo nel riconoscere che Gaston D…. è un grande
carattere. Forse prepotente, cafone e crudele,
ma incontestabilmente coraggioso, fiero e intiero. Una ipocrisia molto
fine, Rinascimento italiano. La Corte, i giudici vestiti di rosso, i gendarmi e
i soldati non lo impressionano…”. In un processo di “parole” : Gaston D.
conduce il processo “malgrado il suo vocabolario ristrettissimo (per tutt il
tempo del dibattimento si è servito di trentacinque parole. Non una di più, le
ho contate)”.
La cosa tormenta Giono, che la
riprende più volte, è la sua chiave del processo - Giono anticipa Fo, tra chi
ne poche parole e chi ne ha molte: “L’Accusato non ha che un vocabolario da
trenta a trentacinque aprole, non di più (ho fatto il conto su tutte le frasi che
ha pronunciato nel corso delle udienze).
Il Presidente, l’Avvocato generale, il procuratore, etc., hanno, per
esprimersi, migliaia di parole”. E ancora: “Un Accusato che disponesse di un
vocabolario di duemila parole sarebbe uscito più o meno indenne da questo
processo. Se, in più, fosse stato dotato del dono della parola e di un po’ di
arte del racconto, sarebbe assolto. Malgrado le confessioni. Ho chiesto se
queste confessioni erano state riprodotte fedelmente nei verbali. Mi è stato
risposto: Si, fedelmente. Li si è soltanto messi in francese”. Li si è
“tradotti”.
Un “legal thriller” di campagna,
di ex pastori ex servi. Gaston D., l’Accusato, che il processo vuole soltanto
condannare, è “figliolo naturale di una serva che si diceva essere stata
piemontese (padre sconosciuto), nato nella portineria di questo palazzo di giustizia
dove ora lo si giudica”. Era la serva del portiere del palazzo. Della giuria,
che non ha mai preso un appunto né posto una domanda, Giono si limita a dire,
all’ultima riga: “Bisognerebbe anche poter parlare dei giurati”.
Un affare brutto, bruttissimo: una
coppia inglese in gita nell’Alta Provenza e la loro bambina trucidati, in tempi
diversi, nel campo dell’Accusato, Gaston Dominici, che a un certo punto
confesserà di essere l’autore dei delitti, e sarà accusato da due figli e un
nipote. L’accusato e un dei figli in udienza ritratteranno. Le nuore testimonieranno
in favore dell’accusato. Nel nipote ventenne, anche lui uno dei sospettati
dell’eccidio, che accusa il nonno Giono sconcertato vede la personificazione della
bugia – cioè il nessun senso della verità, per cui non può dire che bugie.
Un processo sbagliato, impiantato
male, condotto malissimo. “Un processo di parole, non c’è alcuna prova
materiale, in un senso o nell’altro; non ci sono che parole”. Senza movente, non nel processo, e senza nemmeno una dinamica
convincente. Con interrogatori in aula da teatro dell’assurdo. Gaston Dominici
è quello che aveva ritrovato i cadaveri la mattina, che ne aveva avvertito la
Gendarmeria. Sarà condannato a morte, ma la condanna sarà presto commutata (presidente
Coty) in ergastolo, per le condizioni insolite del processo (non era convinta
nemmeno la pubblica accusa), e poi (presidente De Gaulle, cinque anni e mezzo dopo
la condanna) in grazia.
Il resoconto di Giono è sempre
vivo. Embrione del grande successo di Truman Capote, “A sangue freddo”. Il presidente
ricorda i troppi presidenti impressionabili dei processi per il “mostro di
Firenze”, dove si diceva tutto e insieme il contrario, la colpa era nelle facce.
Le “note” sono le quattro corrispondenze
che Giono scrisse per la rivista “Arts”nel dicembre del 1954. Dopo il processo
e la condanna a morte di Gaston Dominici.
Entrambe le edizioni sono
corredate del “Saggio sul carattere dei personaggi”, che Giono pubblicò un anno
dopo. Un repertorio di estremo interesse dell’Alta Provenza ai suoi anni, che
si legge come un romanzo di ambiente. Il romanzo che non c’è dell’Alta Provenza
com’era ancora sessant’anni fa, di caratteri tutti “originali” – nuovi, cioè
veri. Molto lontana dalla Provenza urbana e costiera, e anzi a questo mondo
chiusa, quasi ostile.
Jean Giono, Notes sur l’affaire Dominici, Folio, pp. 115 € 2
L’affaire
Dominici,
Sellerio, pp. 132 € 8
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