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Il giallo in Arizona - o il falso falso
Non proprio tutto ma c’è
molto. Molto corretto. Il turismo Navajo migliore del turismo non Navajo. La
guerra stupida. I mutilati della guerra in Iraq - c’è anche Nassiriya.
L’affarista del turismo non-Navajo avido e corrotto. Tutte le buone cause. E
anche due romanzi in uno: uno secondario di tipo western, con fucilate e
scotennamenti, sempre a danno dei Navajo – e qui entra in gioco un Hopi,
cattivo. Ma di tipo esotico.
Siamo infatti in
Arizona. In un riserva indiana, fuori Flagstaff. Dove tutto sembra essere stato
indagato da Faletti e ricostruito per bene, di precisione – si parla anche
navajo (ma un arco da caccia, anche se si evoca “Rambo 2”, da “un’ottantina di
libbre”?). Per cinquecento però densissime pagine. Ogni capitolo un set diverso,
che rallenta la lettura, e presto la fa indigesta. Con l’effetto non
commendevole degli svelti gialli “bostoniani” del primo Scerbanenco, di falso
falso.
Sarà tutto vero,
Flagstaff, i Navajo, il turismo etnico, i mezzosangue “bianchi” e quelli
indiani, per parte di madre. Ma non sembra. O Faletti si è voluto divertire del
lettore? In esergo mette un Barboncito, capo Navajo (molti capi Navajo hanno
nomi castigliani...), che a maggio del 1868 avrebbe detto: “Io spero in Dio\
che non mi chiederete\ di andare in nessun altro paese\ tranne il mio”.
Giorgio Faletti, Fuori
da un evidente destino, Baldini Castoldi Dalai, remainders, pp. 499 € 2,06
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