Napoli preziosa
De Simone ripropone la secentesca
“Cantata dei pastori” di Andrea Perrucci, gesuita, drammaturgo e compositore, da
lui riscoperta e proposta quarant’anni fa, sull’onda del fenomeno “La gatta
cenerentola”. La rifà in forma da camera
al tempo del “distanziamento”, comprese arie di Pergolesi, Paisiello, Vinci,
Bellini, dello stesso De Simone, cantate da Maria Grazia Schiavo – “Tra pupi, sceneggiata e Belcanto” è
il sottotitolo. E la intitola al “Trianon”, il teatro di Forcella, di cui è
direttrice artistica Marisa Laurito, restaurato a fine Novecento e dallo sesso
De Simone riaperto nel 2002 con “Eden Teatro” di Raffaele Viviani, riscritto in
forma di melodramma.
Una proposta – volutamente? –
fredda. Anche nel ruolo di Sarchiapone, lo scioccone del “Pentamerone”, di
Basile. E di una forma teatrale che è stata insieme colta e popolare, molto
popolare: De Simone non lo rileva ma è ben un incontro fra teatro gesuitico o di corte e teatro che oggi si direbbe di strada - una cantata rivoluzionaria, possibile solo a Napoli (farla passare per cosa ordinaria).
Una scelta di “distanziamento” brechtiana prima che pandemica, come a dire che i tempi non sono da commedia,
non sono da teatro – teatro è oggi la farsa quotidiana, socialite? O è il miracolo della “Gatta Cenerentola”, del festival
di Spoleto del 1976, un musical dai ritmi trascinanti, un crescendo di
fantasia, a raffreddare il De Simone successivo, molto attratto dai paludamenti
secenteschi? Una rappresentazione che si vuole distaccata, in “numeri” isolati.
Una riproposta molto colta. Anche
nella pronuncia del napoletano, incomprensibile (“come si conviene a una cantata
religiosa”, De Simone), e dell’italiano parlato – nel Seicento? – a Napoli. Non
senza attrattive, a parte la scelta delle arie. Con un uso sorprendente della
fisarmonica, in grado di sostituire nell’orchestra molti fiati.
Roberto De Simone-Davide Iodice, Trianon Opera, Rai 5 – RaiPlay
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