Petrarca senza l’aura
Nugae, nugellae, poesiole. L’appellattivo che
Petrarca usava per le poesie in volgare, ora “Canzoniere”, vale piuttosto per gli epigrammi in latino.
Variamente sparsi, da lui mai raccolti, benché pregiasse la sua produzione in
latino, di cui Francisco Rico recupera una dozzina. Un altro Petrarca, sui toni
dell’amicizia e del nonnulla, della levità. Che lo studioso spagnolo sottolinea
in profusi commenti – forse la parte più godibile della pubblicazione.
Epigrammi anche profusi, fino ai
dodici versi, ma tutti lievi.
Gli epigrammi fanno di Petrarca,
spiega Rico, “il primo dei grandi moralistes
dell’Europa moderna”. E sono una felice eccezione, quasi estemporanea, alla pratica assidua della expolitio. Della rifinitura costante - “ossessiva”,
dice Rico - cui Petrarca sottoponeva instancabile la sua produzione latina,
quella che avrebbe dovuto assicurargli la gloria, una cura che lo impegnò tutta
la vita.
Sono componimenti che non si curò
di pubblicare e non volle pubblicati: “L’ultima volontà di Petrarca fu di non
pubblicare gli epigrammi”. E inediti restarono fino a verso il 1400, quando un
anonimo ammiratore si dette a raccoglierli. Composizioni minori, d’occasione,
il cane che saltella attorno al poeta, una cartolina di viaggio, le scarpe preziose
regalate a una contadina, un amore felice. “Gabbiani” Rico ha voluto intitolata
la raccolta perché immagina che “i gabbiani mediterranei sono l’immagine dell’amore
e dell’amicizia”. “Gabbiani” avendo intitolato l’epigramma in cui Petrarca,
rivolgendosi a uno dei suoi grandi amici, il musicista fiammingo Ludovico di
Beringen, lo immagina con l’amata “sui flutti,\ qua e là dovunque felice con
lei”. E lo stesso immagine di sé, e della “sua” Laura: “Abbiano i quattro alati
questa più amabile vita,\ e niente mai darà troppo dolore”.
Unn componimento doppiamente
importante, spiega Rico. Recupera la nozione platonica, e poi medievale,
dell’amore che “trasforma l’amante nell’amato, «in amatos mores», secondo il
modello dell’amato”. Ma, soprattutto, “non siamo più di fronte allo stesso
mondo né nella stessa Laura del
«Canzoniere»”. Lì “è una belle dame
praticamente sans merci,
inaccessibile e schiva”. Qui è ben presente.
Un’edizioncina curatissima. La
traduzione dei dodici epigrammi Rico ha richiesto ad altrettante latiniste, in
amichevole concorso. Tra le illustrazioni
un raro ritratto di Petrarca, opera di Altichiero, e uno schizzo particolareggiato
dell’erta di Valchiusa opera di Boccaccio.
Francesco Petrarca, Gabbiani, pp. 101, ill. € 5,50
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