Il misogino Strindberg si fa compagnia da solo
Meglio solo che male accompagnato,
si dice. È volgare. Strindberg non lo dice e certamente non lo pensa, ma lo fa,
si avventura solo in città. Solo, senza cioè l’eterna diatriba coniugale per
cui è famoso, o dell’amore impossibile tra le mura, solus ad solam (chissà che Strindberg non abbia letto D’Annunzio,
era l’astro montante delle lettere europee negli anni della sua maturità e di
questa narrazione – o Strindberg, come Ibsen, e fino a Hamsun, come gli
scandinavi in genere, si vogliono isolati, autoctoni). Se la misoginia non è una posa, una trovata per épater le bourgeois.
Non è il primo caso,
poiché si comincia con sant’Agostino, ma non è scontato, di autobiografia come
invenzione - è ben un genere letterario. Questo è speciale per il solito tema
di Strindberg: le derive della convivenza, per cui si finisce martiri,
tollerando il brutto, oppure ipocriti, tollerando le violenze piccole e grandi
e le ingiustizie, per quieto vivere o remissività, avviliti per amore di pace e
sensi di colpa – oggi si ditrebbe, da uomini, con un certo compiacimento, il trend essendo della donna che lamenta
l’uomo. Paranoici infine, dopo tanti errori non contestati, avendo rinunciato a
se stessi.
A Strindberg è stata
addebitata la paranoia figlia della misantropia. Che però questo libretto
smentisce, giocando la misantropia sul suo terreno – del resto sono le donne,
seppure è vero che l’hanno distrutto in casa, a creargli un monumento in teatro.
Strindberg si situa solo, e si fa la sua città: la storia, i giardini, le case,
le prospettive, gli amici che non ha, quelli che ha. Che di più creativo?
Immagini tutte vivaci, con un monumento a Stoccolma tra i tanti (e a Balzac, a
Goethe, al libro di devozioni cattolico, all’infanzia e all’amore per
l’infanzia, e viceversa al piccolo mondo degli anziani) in questo deserto di
solitudine, che l’autore spesso sottolinea.
Di un maledettismo, bisogna pure dire, ben
governato, misoginia compresa – genere sottile, di cui Bergman sarà figlio “legale”. La disperazione? Ha ‘dda venì, per
ora scriviamo. Però è divertente – Strindberg può esserlo.
Una nuova traduzione, di Franco
Perrelli, avrebbe rinfrescato quella vecchia di Andrea Petricca.
August Strindberg, Solo, Carbonio, pp. 120 € 13,50
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