sabato 19 giugno 2021

Il terrorismo della buona coscienza

Rivisto, in programmazione su Sky Cinema, questo film che ha confuso i critici, e quindi inevitabilmente la prima visione, ha invece una linea netta, anche se impopolare: interroga l’Europa, il “luogo della ragione e della libertà” dice a un certo punto la protagonista, sui suoi limiti, sulla “buona coscienza” di sé. Un esito difficile. Anche perché la vicenda procede su un equilibrio sottile. Ed è parlata in polacco prevalentemente, cioè nella lingua di un Paese che lo spettatore sa che da qualche tempo si distingue per la chiusura allo straniero - dopo avere alimentato per un paio di decenni l’emigrazione, in Italia, in Germania e in Inghilterra. La protagonista, una poetessa polacca che vive in Italia, attorno a Volterra, figlia di una coppia di ebrei sopravvissuti a Auschwitz, premio Nobel, finisce rinchiusa dal maresciallo dei Carabinieri suo ammiratore dentro la gabbia-monumento ai morti dei lager eretta nella piazza della cittadina.
Alla notizia del Nobel conferito alla poetessa, il sindaco, spronato dal maresciallo, vuole celebrarla come concittadina onoraria illustre. Il giorno della cerimonia è funestato da un attentato kamikaze islamico a Campo dei Fiori a Roma con moltissime vittime. La poetessa  sconvolge la vita della comunità facendo l’elogio alla festa della diversità, dell’accoglienza, dell’islam, degli arabi, e la critica dell’Europa, annunciando il rifiuto del Nobel, finendo col definire l’attentato “un’opera d’arte”. Lo spettatore non avverte subito la stonatura, molti in fondo con qualche anno d’età rivivono ancora com meraviglia l’attacco all’America con gli aerei dirottati nel 2001. Ma è l’esca a una libertà di giudizio che si rivela una prigione.
La donna, apparentemente libera, col marito, i nipoti, la figlia, l’amante, è rigida: chi l’ha sostenuta diventa un nemico in città (il sindaco, in campagna elettorale, è criticato, il figlio del maresciallo, bullizzato come “marocchino” perché sua madre è siciliana, finisce in ospedale, al suo amante egiziano distruggono il locale), ma lei rifiuta anche un piccolo passo, la semplice precisazione che non intende spalleggiare il terrorismo. Finché il maresciallo, ubriacandosi per riuscire a farlo, non la rinchiude – lei, che è stata la luce della sua vita applicata di servitore dello Stato.
Non è sinistra e destra. È sinistra senza senno: piena di sé, e quindi dogmatica, autoritaria. Incapace di parlare con la figlia, lo spettatore rivede la poetessa ex post, volgare con l’amante dopo le distruzioni (“hai bisogno di soldi?”), supponente con l’inviato di “Le Monde”, venuto apposta da Parigi per chiederle la rettifica.
La recitazione, affidata da Borcuh a solidi attori  di prosa, notevolissmi l’italo-inglese Vincent Riotta che fa il maresciallo, e l’italo-olandese Lorenzo De Moor nei panni di Nassir, l’amante egiziano giovane, è del resto una chiave scoperta della “trama” del film, del suo senso. Due personaggi sicuramente “di sinistra” ma asciutti, anche Enzo Catania nel ruolo del marito servizievole, “in pantofole”,  contro l’eloquio inarrestabile – pieno di sé - di Krystyna Janda, la poetessa.  
Jacek Borcuh,
Dolce fine giornata, Sky Cinema

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