martedì 15 giugno 2021

La difficile storia del Pci con Mosca

Utile carrellata sui rapporti del Pci, di Togliatti e poi di Berlinguer, col Pcus, il partito Comunista Sovietico, e con la dirigenza sovietica, specie negli anni di Stalin, fino al 1951, dello storico romano dell’Europa Orientale, presidente della fondazione dell’Istituto Gramsci, ex Pci. Togliatti era per il disinnesco della guerra civile 1943-45 (volle e fece l’ amnistia), e per una via democratica al socialismo, attraverso elezioni. Su questo irremovibile alle pressioni interne al suo stesso partito (Secchia e altri). Ma non un “dissidente”, come poi si sarebbe detto, nei suoi anni non c’erano i “dissidenti”. Né uno che praticava la “doppiezza”, il doppio linguaggio, che naturalmente con Mosca non avrebbe avuto senso, i russi non erano stupici. Gioca alla dissimulazione, arguisce Pons. Con molti esempi di fatto. E senza nascondere che Togliatti fu sempre al fianco di Stalin, anche dopo morto: fu contro la critica di Krusciov al XXmo congresso del Pcus, nel 1956, e fermamente a fianco dello stesso Krusciov nello stesso anno nella repressione della rivolta ungherese. Ma la sua argomentazione ha qualche punto debole. Non marginale.
Non era ancora tempo delle “vie nazionali” al comunismo. Questo è vero. Se ne parlerà sul finire degli anni 1950: in concomitanza con la decolonizzazione, si sarebbe cominciato a ipotizzare e propagandare alleanze con le borghesie nazionali - i Fronti Popolari anteguerra anche in situazioni non eccezionali. Ma in Jugoslavia e in Italia – e in Francia - Mosca da tempo  si era acconciata di fatto a quello che sarà il modello delle vie nazionali.
Non è poi vero, non può essere vero, quale che sia la validità della documentazione su cui opera Pons, che nel 1951 Togliatti opponesse a Stalin la distensione. Nel 1951, racconta Pons, Stalin si convinse che lo scontro con l’Occidente avrebbe presti degenerato e chiese a Togliatti di trasferirsi a Mosca e dirigere il Cominform, l’organizzazione di propaganda costituita da Mosca nel 1947, in sostituzione del Comintern, o Terza Internazionale, tra i partiti Comunisti di Urss, Italia, Francia, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria – e Jugoslavia, poi espulsa, l’anno dopo. Togliatti credeva invece nella distensione – la morte di Stalin lo aiutò a declinare la no apprezzata designazione. Ma la “distensione” sarebbe intervenuta qualche anno dopo, a opera della dirigenza sovietica.
Una storia del Pci – dopo Striano - ci vuole. Tanto più una come questa, “Visioni e legami internazionali del Novecento” è il sottotitolo. Però, forse, partendo dalle macerie, non dal palazzo, di cui accertare (o non accertare, se non occultare) le crepe.
Silvio Pons, I comunisti italiani e gli altri, Einaudi, pp. 376 € 32

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