L’America triste
Il titolo orginale è “Mare of
Eastown”. Mare Sheehan, una dolente Kate Winslet, è il detective di una piccola
città della Pennsylvania, dice la tramina, che indaga su un omicidio, nel
mentre che cerca di puntellare la sua vita traballante.
Bene, cioè non è questo il punto –
la serie, nei primi due numeri, “Miss
Lady Hawk in persona” e “Padri”, si annuncia robusta, per la “presenza” di Kate
Winslet e per la singolare serie di interni piccolo borghesi, nel senso dell’arredamento
e in quello delle abitudini familiari. Lo schema è sempre quello: si va per
colpevoli evidenti mentre si sa che il vero assassino è, dev’essere, un
insospettabile. Ma il contesto è mutato, in questa come in altre serie da
qualche anno – come del resto nei film di Hollywood, magari girati da registi
di origine asiatica o latinoamericana: è un mondo grigio e piatto, in qualche
modo sporco, anche quando si pensa pulito e felice. E non c’è un senso etico
della vita, non c’è il buono distinto dal cattivo, tutto è in qualche modo sporco,
per essere squallido.
È il rovesciamento dell’American
Dream. Che si poteva pendere come una mutuazione delle forme espressive europee,
italiane, postbelliche, del neorealismo. Che significa anche un cinema al
rispamio, non costoso. Ma è – è evidente anche dagli Oscar, che da qualche anno
non premiano che lo squallore, visivo e morale – un fatto culturale e forse
epocale: dell’America che non crede più a se stessa, al destino manifesto, e per
reazione si lascia cadere a terra, si avvoltola nel letame.
Una produzione Hbo. Craig Zobel è
il giovane regista, Brad Ingelsby l’ideatore e produttore della serie.
Zobel-Ingelsby, Omicidio a Eastown, Sky Atlantic
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