venerdì 18 giugno 2021

Letture - 461

letterautore

Bernhard, Thomas – Il “New Yorker lo mostra giovane: bello, tonico, curato, sorriso di sfida. Di sofferenza quindi autoinflitta, se non per gabbare il lettore – il lettore è un masochista. Era un bel ragazzo, nel senso che si curava, voleva piacere, avere successo, e visse comodo. Si fece vittima e santo a freddo: il personaggio misantropo, di misantropia come fonte o chiave del successo.
 
Big Bang – È anzitutto letterario, visione di poeta, catastrofico, di E.A.Poe, nel racconto “Eureka”. Ottant’anni prima che fosse concepito, in qualche modo, razionalmente.  
 
Calvino – “Scoiattolo della penna” è definizione di Pavese in una lettera a lui indirizzata, il 29 luglio 1949, in risposta a una critica benevola ma maliziosa di “Tra donne sole”. Non sufficientemente meditata dagli studiosi di Calvino.
 
Dante – È (anche) linguista: è il tema di una “tornata” di studi dell’Accademia della Crusca martedì 15: “Non solo italiano. Dante, il De Vulgari Eloquentia e le lingue: una lezione per l’Europa?”. Che Francesco Sabatini, il presidente onorario dell’Accademia, illustra sul “Corriere della sera”: “Perché Dante è padre (anche) delle lingue d’Europa. Ne studiò la natura. E definì una carta degli idiomi conosciuti”. Il tutto mentre intensificava la sua partecipazione alla politica cittadina, di cui sarebbe poi stato vittima a vita. no studio e un’analisi che Sabatini dimostra dotto, versatile, uno dei primi della disciplina, dopo Tertulliano, sant’Agostino, sant’Ireneo di Lione, sicuramente il primo e il maggiore dell’epoca moderna.  
 
Hemingway – “È lo Stendhal del nostro tempo”, annota Pavese perentorio il 14 marzo 1947 nel diario, “Il mestiere di vivere”. Ma più avveduto che entusiasta, cinque giorni dopo lo spiega: “Stendhal-Hemingway. Non raccontano il mondo, la società, non dànno il senso si attingere e una larga realtà interpretando a scelta, a volontà – come Balzac, come Tolstòj, come ecc. Hanno una costante di tensione umana che si risolve in situazioni sensorio-ambientali rese con assoluta immediatezza”. E “su questa costante han costruito un’ideologia, che è poi il loro mestiere d narratori: l’energia, la chiarezza, la non-letteratura.
“Flaubert sceglieva un ambiente; loro no.
“Dostojevskij costruiva un mondo dialettico; loro no.
“Faulkner stilizza atmosfere e mitologizza; loro no
“Lawrence indagava una sfera cosmica  l’insegnava; loro no.
“Sono i tipici narratori in prima persona”.
 
Quanto avrà influito la fine di Pavese, il solitario, l’anti-Hemingway-personaggio, su quella di Hemingway? Hemingway, che sapeva molto dell’Italia, specie dai suoi estimatori, Fernanda Pivano in testa, sapeva di Pavese, del “Mestiere di vivere”? - Pivano, allieva di Pavese al liceo, il suo gognin, faccino, era stata da lui indirizzata alla lettura di Hemingway, oltre che di Whitman et al..
 
Hitleriano – L’h si rappresenta con l’“hitleriano”, un soldato germanico in divisa con l’elmetto sotto la croce uncinata rossobruna, nell’“Abecedario” di Munari, opera del 1942. Una cui copia è andata all’asta ultimamente per 4 mila euro. Uno scivolone del designer elegante e distaccato quale Munari sarebbe stato per mezzo secolo dopo la guerra. Che nel dopoguerra provò a sostituirlo con “hangar”. Stefano Salis però lo giustifica, sul “Sole 24 Ore Domenica”, causa autarchia: per illustrare l’h, “Hotel, per autarchia, non si poteva usare, Hangar idem (e poi chi lo ha visto)”, mentre il milite tedesco sì.
 
Letterato americano – È, si vuole, tragico, perlomeno drammatico. Non uno che sta seduto a leggere e a scrivere. E.A.Poe, il primo scrittore americano professionale, che viveva di scrittura, ha inventato anche il personaggio: inventore di se stesso, come sarà poi i ogni scrittore americano, con rare eccezioni. S pecie il narratore, meno il poeta, è uno che d ve avere un passato a tinte melodrammatiche, aver provato vari mestieri, manuali di solito, avere superato vari handicap, o infelicità, familiari, amicali, personali, aver avuto incontri, o attraversato circostanze, miracolose e possibilmente misteriose. E  poi un professionista serio, tanto che per stare al passo della professione deve ricorrere all’alcol o alla droga. Ed è americano, non un viaggiatore – anche i più vagabondi: Hemingway, Fitzgerald, lo stesso Melville (Henry James non è “americano”).
 
Manzoni – Di “fantasia nera” secondo Giovanni Macchia. Non solo nella peste, del romanzo e della “Colonna infame”. Pessimista in effetti – pessimista più che depresso.
 
Parti – Nicolas Bouvier, “La polvere del mondo”, incontrava settant’anni fa nella campagna di Mahabad, nel Nord dell’Iran presso il lago di Urmia, Azerbaigian occidentale, solo “contadini che non parlano che il curdo, lingua iraniana molto vicina al pehlvi dell’epoca dei Parti”. Pehlvi o pahlavi. Poi parlato “in Persia”, secondo il Petit Robert, il dizionario francese, “sotto la dinastia dei Sassanidi”, quindi a partire dal III secolo d.C. fino alla conquista islamica.
Parti-parsi, i fedeli dello zoroastrismo che ancora si contano in qualche parte dell’India?
 
E. A. Poe  - Si voleva autore di “arabeschi”, dietro l’orrore.  Il primo scrittore professionale americano, che vuole cioè vivere dei suoi articoli e racconti, dovette soprattutto combattere, già allora, anni 1830-1840, per essere considerato uno scrittore e non un pubblicista da poco. I suoi racconti del terrore intitolava “Racconti del Grottesco e Arabesco”, per immetterli, con quest’ultimo termine, nel filone letterario mainstream, farsi prendere in considerazione dai critici, e non come autore di storie da pochi cents - mentre “scriveva” proprio queste, storie di eccessi, anormalità: con “arabesco” si autodefiniva, e lo scrisse, scrittore elegante, raffinato.    
 
Ebbe a esecutore letterario Rufus W.Griswold, un amico-nemico che ne fece il personaggio postumo, a metà tra il demoniaco e il folle. Un letterato di poco spessore, anche sfortunato (epilessia, tubercolosi, un’esplosione di gas, una figlia in un treno deragliato, abbandonato dalla moglie, la terza, mentre moriva di tbc), restato negli annali per il personaggio Poe. A Griswold se ne deve anche il nome: Poe evitava i cognome Allan, dei genitori affidatari, firmando Edgar Poe, Edgar A. Poe, e E. A. Poe, fu Griswold a sancirlo come Edgar Allan Poe. Un personaggio di cui Poe, scrivendone anni prima, notava: “Cadrà nell’oblio”, o ricordato solo come “il servitore infedele che abusò della fiducia”. Poe era anche un mentalista? 
 
Shakespeare – È poco elisabettiano, sia nel comico che nel tragico. Pavese, anglista entusiasta, grande lettore anche di Shakespeare, non lo dice ma lo sottolinea (“Il mestiere di vivere”, 14 ottobre 1943): Shakespeare è soprattutto witty, si diverte con le parole, e immaginoso - “ha delle dubbie  scene senza immagini” ma “ne ha di ricchissime”. E anche (ib., due giorni dopo): “I commediografi elisabettiani traggono il comico soprattutto dagli eventi (scherzi, tiri, lazzi, etc.) Shakespeare soprattutto dalle parole (wit, battute, freddure, etc.).”

Viaggio – “Che sia qui il belo del viaggio: riscoprire il proprio luogo?”: Pavese, che non viaggiò, giusto a Roma, e giusto per lavoro (non sa e non dice niente di Roma), se lo dice “riscoprendo Torino, dopo 24 ore di assenza”. Gli amanti di viaggi scritti possono essere molto sedentari.

letterautore@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento