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L’unità venne lottizzata
Una celebrazione in tono minore,
la presa di Porta Pia, l’unità completata, Roma capitale. Non per la pandemia.
Forse perché non c’è molto da celebrare, dopo centocinquant’anni il papa fa più
Roma che l’Italia. La mostra d’altra parte documenta Roma come conquista e
piazza dell’Italia che non vorremmo, fanfarona, presuntuosa, e corrotta: la
grande novità di Roma Capitale è la speculazione edilizia, lottizzazioni e costruzioni,
la moltiplicazione del denaro.
Al visitatore la mostra richiede
molto tempo, tante le didascalie da seguire, ma con un senso da subito di
eccessivo, di retorico. O allora un ritratto antifrastico della capitale, come era e come
si è voluto che diventasse. D’impianto celebrativo, che però riesce
regressivo, deviante. La nascita di quel grasso niente documentando che
caratterizza la capitale. Non il suo modo di essere papalino, pacioso e
violento, ma la politica, la burocrazia e l’informazione di cui è centro e che
sanno di falso, e di sciocco – peggio: di falso sciocco. Gli sventramenti, le
speculazioni, a partire da re Umberto, la pacchianeria di un’architettura
imperiale, fuori da ogni canone e ogni gusto - eccetto il cattivo gusto:
il palazzo di Giustizia, il Vittoriano, le mostruosità immaginate per la
Galleria, che poi si trascurarono. “Lottizzano Villa Ludovisi”, Henry James
scriveva a un’amica spaventato, “pensate, Villa Ludovisi lottizzata.” Si finisce frastornati dalle declamazione di testi interventisti dannunziani per la Grande Guerra, la grande ecatombe - un fanatismo sottolineato dalle folle oceaniche a piazza Venezia ai piedi del Duce, benché fuori tempo massimo sugli anni della mostra.
Una “mostra nella mostra”, come
vuole il dépliant, è quella del conte
Primoli, il napoleonide alla moda tra Parigi e Roma tra Fine Ottocento e la Grande
Guerra, che fu fotografo moderno, interessato a tutto, e ha lasciato una ritrattistica
e una serie di “istantanee” storicamente significative, e sempre vivaci.
Roma.
Nascita di una capitale 1871-1915, Museo di Roma Palazzo Braschi
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