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Milano degli untori
Si ripubblica un saggio di dieci
anni fa, premiato dal milanesissimo Bagutta, di un lombardo milanesizzato contro Milano, e non ha la punta polemica,
pamflettaria, che si avvertiva alla prima lettura. Non è un prodotto della
superbia intellettuale, né dell’età, Stajano va per i novant’anni, né naturalmente
degli sdegni da talk-show, da piccolo teatro, ora in uso. Non è uno scrittore che vuole dire
male di Milano, è un milanese sdegnato che prova a darsi conto – che si
analizza, si spiega. Perciò, forse, più malinconico.
È un itinerario storico che
Stajano percorre. Implacabile, un elenco di “ombre”, di turpi eventi, comportamenti,
attitudini. Ma da teste pietoso, anche se arrabbiato, non da censore, da
maestro di scuola. Dal lazzaretto della peste al fascismo, che fu milanese più
che romagnolo, alle caserme di tortura repubblichine, al terrorismo nero
(piazza Fontana), al terrorismo rosso, con le sagome delle vittime disegnate sul selciato al gesso bianco. Una città che
Stajano vede sempre lucente come la vedeva Bonvesin de la Riva, con i suoi canali
argentei, ma incontra cupa e aggressiva. Leghista. Senza più borghesia dopo che
non ha più fabbriche e operai. Di una ricchezza perfino spropositata, nei servizi,
come le tv di Berlusconi, che si alimenta di happy hour tanto vanitosi quanto
vuoti, insapori. E corrotta, corruttrice.
Il titolo era, e resta,
minaccioso: Milano è la città degli untori, non della peste.
Corrado Stajano, La città degli untori, Il Saggiatore,
pp. 232 € 19
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