lunedì 26 luglio 2021

Camus si diverte

Un ingegnere che è in realtà un Capitano marittimo reduce da un naufragio, una diga (forse) da costruire, dono del governo francese al paese africano, siamo in Africa, una festa di possessione, la festa in chiesa con gli ex voto, una pietra enorme da trasportare sulle spalle, di cui l’Ingegnere si fa infine carico, il tropico asfissiante. Un Camus esotico (in Francia ancora si può, qui ci sono ancora i neri, e perfino i negretti), narratore puro.
Due racconti estratti dalla raccolta “L’esilio e il regno”, “L’exil et le royaume”. Il racconto del titolo è dell’artista al lavoro, in casa, e quindi dell’opera d’arte rimandata: la moglie è affettuosa, i figli crescono, gli amici s’installano, gli spazi si restringono, il tempo manca, qualche pennellata  si può dare, ma vaga. Alla fine, sulla tela bianca, una parola qualcuno legge, scarabocchiata, forse “solitaire”, solitario, forse “solidaire”, solidale. Dell’artista che non vuole dispiacere a nessuno, compresi i critici, anche se vieppiù perplessi.
Un Camus umorista. Anche in Africa – seppure oggi scorretto, e anzi forse impubblicabile. L’Africa è sempre “profonda”, come usava dire, grandi fiumi grigi, umidità, personaggi, usi e natura inaccessibili – l’esotismo era l’inaccessibilità, anche delle donne. Ma non per Camus, che conosce la cosa. Il Tropico, “La pierre qui pousse”, è afrore, e stanchezza. Il fiume scorre “monotono”. Il gergo locale fose non è evocativo, magmatico, esorcistico, forse è solo limitato, ripetitivo per non sapere come altro dire..
Albert Camus, Jonas ou l’artiste au travail, Folio, pp. 120 € 2

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