giovedì 15 luglio 2021

C’è un’altra Europa a Est di Trieste

A cinquant’anni, senza allenamento, con qualche dolorino, Paolo Rumiz parte col figlio Michele, sedicenne, per un gita in bicicletta da Trieste fino a Vienna. Farà poi Trieste-Kiev e Berlino-Istanbul in treno, il Danubio su chiatta, l’Adriatico ex Dalmazia in automobile. Nell’“Oriente”, l’Europa ha ancora un Oriente. Anche se qualcuno, lamenta Rumiz, lo vuole ridurre a Est, una sigla. Ma il “viaggio” di questi racconti è fisico, esemplato dalla bici – si conclude col “profondo Nord-Est” in bici: si fatica, ma si capisce forse di più, comunqne si assapora, la fatica è una morfina.
Uno dei primi titoli di Rumiz viaggiatore. Scritti in gran parte per “la Repubblica” nei tardi anni 1990 – Rumiz sarà stato il grande acquisto di Scalfari al suo quotidiano, se non l’unico, la promessa che diventa un campione. Senza dimenticare il gusto e la sensibilità per i Balcani, per la storia recente e la politica. In Italia purtroppo ancora terra incognita benché limitrofa. Nonché un grande mercato, dalla Slovenia all’Ungheria, le cui aperture sono dall’Italia ignorate. La miseria dell’asse ferroviario europeo n.5, Milano-Trieste-Lubiana-Budapest, a fronte del velocissimo e trafficatissimo Parigi-Monaco-Vienna-Budapest è perfino esilarante, roba da farsa.
Ma con Rumiz più di tutto si viaggia nella natura fisica: le carte al 100 mila, anche al 50, in dettaglio, programmate toponimo per toponimo, poca gastronomia, il giusto, e Borges, Shakespeare, i geni dei luoghi. Un sacrificio s’immagina, in bici o anche in treno, fissare dei tanti viaggi,  mentalmente e magari su carta, le impressioni piccole e grandi, faticoso. Ma il racconto scivola senza frizioni, lieve anzi, al lettore chiedendo solo uno sguardo posato. Per un’invenzione  che sa di realismo, di cose – di cose viste, in tralice.
Magistrale l’analisi delle Venezie, Friuli compreso, il più leghista di tutti. Investitrice e incerte. Ottimiste e ansiose. “Il mestiere che tira di più al Nord è lo strizzacervelli” – “in Veneto gli psicologi crescono al ritmo di 160 unità all’anno” (“tutti ne hanno bisogno: famiglie, aziende, associazioni, enti pubblici”). Di una scissione catastrofica. Non si circola, ogni giorno ovunque è “il solito spaventoso ingorgo di camion”, perché gli stessi comuni che chiedono insistentemente una viabilità migliore hanno impedito gli espropri per realizzarla”. Una protesta che si avvita su se stessa: “È come per gli immigrati. In Veneto chi invoca manodopera straniera e chi grida contro gli extracomunitari non sono affatto due persone diverse”. I Rumeni, che allora passavano per clandestini, “non ne possono più. E spesso sono i migliori” – questo “Oriente” è “una sensazione di deriva e di fuga”.Ma, poil, il “veneto” e “friulano” volentieri cedono il passo al ladino. A valle a monte  tutti ladini da qualche tempo. Per lucrare sui benefci europei a protezione delle minoranze. Anche nel Trentino, che è già “la regione più assistita d’Italia”.
L’Ucraina è già divisa nel 1999. Da un “nazionalismo malato”, contro gli ebrei, contro i russi. Finanziato dalla “diaspora negli Stati Uniti che passa fondi agli ultras per tenere l’Ucraina lontana da Mosca”. O l’oblio in agguato nella memoria tedesca, che si è fatta corta, cortissima. Proiettata com’è solo sull’economia, sul lavoro ben fatto e redditizio, “anche per la gente di sinistra” – “il cancelliere Schröder considera la politica un service dell’economia”, Rumiz si fa dire: “Prende atto che in  Germania l’orgoglio dell’identità si fonda, più che su Goethe, sulla Deutsche Bank”. Un revanscismo piatto, grigio, non smacchiatore.
Con un ritratto breve ma lungo a affettuosissimo di Claudio Magris, trovandosi a parlare del suo  “Danubio”, che “suggella una storia completamente finita, la Mitteleuropa prima della caduta del Muro”, e tuttavia “indispensabile come un portolano”. Un ritratto di Magris che “ritorna a casa la sera”, è “invariabilmente frettoloso”, è “burlone e imprendibile, triestinissimo battitore di bettole e silenzi”. 

Paolo Rumiz, È Oriente, Feltrinelli, pp. 199 € 9,50

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