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venerdì 16 luglio 2021

Il mondo com'è (429)

astolfo

Afghanistan – Col ritiro delle truppe americane e della coalizione dei “volenterosi”, Italia compresa, avrà sconfitto in venti anni anche gli Stati Uniti – se non la Nato. Dopo aver sconfitto in dieci anni la Russia, nella formazione accresciuta di Unione Sovietica, piena cioè di soldati asiatici, limitrofi e buoni conoscitori dell’Afghanistan. E due volte gli inglesi. Gli occupanti vi trovano sempre una sponda, ma impraticabile. Fin da quando fu “scoperto”, nel Settecento, quale “via di terra verso le Indie”.
Nella seconda metà del secolo, con Ahmed Shah, della dinastia Durrani, le forze afghane si spinsero fino a Delhi, che tennero per alcuni anni anche contro gli inglesi. Quello creato da Ahmed Shad Abdali, poi Durrani, fu lo Stato islamico più grande, dopo l’impero ottomano, e si considera l’evento fondatore dell’Afghanistan.
Tra il 1839 e il 1842 si svolse il primo conflitto diretto con l’Inghilterra – il primo del Grande Gioco kiplinghiano, di “Kim”. L’ armata dell’Indo” ebbe la  meglio sui regnanti afghani, ma non per molto: dopo un anno Kabul insorse (secondo i cronisti britannici per difendere l’onore delle proprie donne…), la rivolta dilagò in tutto il paese, e i sedicimila britannici militari e civili del contingente di occupazione finirono variamente massacrati. La ritirata inglese da Kabul, disastrosa, fece molta impressione nelle cronache dell’epoca.
Londra si contentò poi di governare tramite principi afghani. Fino al novembre 1878, quando tre colonne militari britanniche provarono nuovamente a occupare l’Afghanistan. In questo caso per prevenire temute ingerenze russe. Questa seconda guerra afghana, condotta per i britannici con grande energia dal generale Roberts, fu un seguito di sconfitte per i rivoltosi afghani e i loro capi – pur facendo la tara del clima jingoista del tardo vittorianesimo, del colonialismo che si voleva vincitore, oltre che civilizzatore. Ma non risolse l’ostilità afghana agli inglesi, come a qualsiasi forma di occupazione. Si affermava con la marcia di Roberts il principio che solo l’Inghilterra contava nella regione, e non la Russia: Londra lasciò l’Afghanistan sostanzialmente libero, sotto un forma blanda di protettorato.
Una terza guerra anglo-afghana si registrò a chiusura del primo conflitto mondiale, nel 1919. L’Afghanistan attaccò le truppe britanniche in India. Londra negoziò il ritiro dall’Afghanistan e l’indipendenza fu proclamata.   
 
Teatro delle ultime due guerre coloniali, quella sovietica, da fine 1979 a inizio 1989, e quella americana, con i “volenterosi” (tra cui l’Italia) dal 2001 al 2021, invasioni che ha respinto, l’Afghanistan è un paese chiuso. A connotazione fortemente tribale. Cioè diviso all’interno. Tenuto assieme inizialmente come possedimento regale, nell’ultimo secolo dalla difesa contro le occupazioni straniere. La sua occupazione da parte delle potenze straniere è sempre stata agevole, ma non duratura, la resistenza finisce presto per prevalere. La sua storia registra invasioni da tutte le potenze circostanti: medi, persiani, greci (Alessandro Magno), unni, arabi, mongoli, turchi, prima degli inglesi. A due riprese gli inglesi li hanno sconfitti, venendo dall’India: superato il Khyber Pass, e occupato Kabul. Entrambe le volte sono stati respinti, la prima con perdite gravi.
Ma lo stranero non è malvisto. L’Afghanistan è anzi tesoro di accoglienza per viaggiatori singoli, che tutti non sanno altro che dirne le lodi, Robert Byron, Bouvier, Chatwin, Peter Levi, Schwarzenbach, Maillart – qualcuno\a anche senza l’oppio. Meta si direbbe privilegiata dei narratori di viaggi, anche se le comunicazioni sono difficili e gli alloggi di fortuna.
L’imperatore indiano Zahar Eddine Babur (la tigre) che a fine ‘400 finì prigioniero a Kabul, ha lasciato nelle “Memorie”, redatte in “turco djakati” nel 1501 a Kabul, lodi ripetute e esagerate della città e dellì’Afghanistan: del clima, i frutti, i commerci, le popolazioni. Anche se vi fa anche “molto freddo”. E le popolazioni sono”variate”: Turchi, Aïmak, Arabi, Tagiki, Bereki, Afghani. Che parlano “undici-dodici lingue”, l’arabo, il persiano, il turco, il mongolo, l’hindi, l’afghano.
 
“Lawrence d’Arabia in persona”, secondo al principessa India, “Bibi Jan”, la novantaduenne figlia dell’ultimo re afghano, Amanullah, stazionato sotto falso nome tra il 1928 e il 1929 come ufficiale della Raf nella cittadina pakistana di Miran Shah, nel Waziristan del Nord, a ridosso della frontiera afghana, a prezzolare i mullah conservatori, contrari all’istruzione delle ragazze e all’ammissione delle donne negli ospedali. Facendo circolare nei villaggi fotomontaggi della regina, Soraya, la madre di India “Bibi Jan”, ministro della Pubblica Istruzione, con la testa della regina in alto e sotto un corpo di donna nudo. La missione afghana di Lawrence d’Arabia non trova concordi gli storici della spia. Ma la coppia regale innovatrice, Soraya e Amanullah, dovette lasciare il Paese. Le aperture del re Amanullah, nel quadro di una politica di affrancamento dall’Inghilterra (che lo aveva portato ad avere ottimi rapporti anche con l’Italia, con la famiglia reale), aveva spinto Londra a sostenere i mullah conservatori. L’emiro Amanullah che si era fatto, avviando dopo la guerra, nel 1919, l’Afghanistan all’indipendenza dopo il protettorato inglese, re costituzionale dal 1924, per sua stessa decisione, dieci ani dopo era già costretto all’abdicazione, e all’esilio. A Kandahar, poi in  India, infine a Roma: siccome aveva allacciato buoni rapporti con i Savoia, fini, con la figlioletta appena nata India, a Roma – dove poi ha passato tuta la sua vita, in via Orazio 14.  
A
  Giuliano Battiston, per “il Venerdì di Repubblica”, la principessa India ha raccontato che, durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan, ebbe a litigare col Pci bolognese, il quale non gradiva i feriti afghani all’ospedale ortopedico Rizzoli “perché avrebbero mostrato l’inciviltà di Mosca”.
 
Big Bang
– Anticipato, come si dice, da E.A.Poe nel racconto “Eureka”, la sua individuazione e definizione è di un prete belga, il fisico Georges Lemaître, che nel 1927 ne formulava l’ipotesi, “dell’atomo primigenio”, poi nota come Big Bang: il mondo derivato dall’esplosione di un atomo Big Bang) 10-20 miliardi di anni fa. Ipotesi poi confermata sperimentalmente dalla “legge di Hubble”.
Lemaître la correda con la costante cosmologica, già proposta da Einstein ma da questi poi abbandonata. Un’ipotesi confermata nel 1998, trentadue anni dopo la morte di Lemaître, con la scoperta dell’accelerazione dell’espansione dell’universo, opera dei cosmologi Perlmutter-Schmidt-Riess – premi Nobel per la Fisica 2011.

astolfo@antiit.eu

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