Il partigiano americano
“Una storia antieroica della
Resistenza” è il sottotitolo, ma non polemico. È una sorta di fiaba, un romanzo
d’invenzione: la vicenda di una persona, un individuo, giovane americano
tornato in Italia con la madre alla vigilia della guerra, a diciott’anni, passando
dal college di Philadelphia al liceo classico di Pescara, infatuato delle glorie
fasciste, ma presto disilluso al liceo. Dapprima da un compagno di scuola
ebreo, rifugiato da Vienna (succedeva anche questo sotto le leggi
antiebraiche….). Poi dall’esito inglorioso in guerra, nel 1943: il 25 luglio,
la distruzione di Pescara sotto i bombardamenti un mese dopo, e l’8 settembre lo
portano alla creazione di una banda partigiana con gli amici più intimi. Renato
è bello e affidabile, e abile nei travestimenti, il gruppo si gasa e osa sempre
di più, finché in un attacco a un convoglio militare tedesco Renato uccide un
ufficiale tedesco. Catturato, s’immolerà, in presenza della madre all’ora della
fucilazione, lanciandosi in avanti verso i fucilieri per creare scompiglio e
consentire ai suoi due compagni di eclissarsi, salvandosi.
Una storia semplice. Che Ennio
Flaiano ricorderà subito, il 20 dicembre 1944, sul “Risorgimento liberale”:
“L’ho conosciuto nel 1939, appena arrivato dalla Pennsylvania. Era convinto,
come tutti gli italiani all’estero, del fascismo e dei suoi destini, ma gli
erano bastate poche settimane per disilludersi e adesso troviamo il suo nome,
Renato Beradinucci, a capo di una lista di fucilati”. Un vero martire, o eroe,
che però non conta nella storia, che è fatta da storici, in Italia di partito,
rossi o bianchi – qualcuno anche nero. Un caso di storia locale, che Petricelli
ha ricostruito, oltre che sui documenti
del giovane, e con la testimonianza di Ennio Flaiano, col riconoscimento
pubblico del sacrificio del giovane partigiano, medaglia d’oro al Quirinale nel
1957, presidente Gronchi, e con
testimonianze di prima mano, familiari. Renato partigiano si nascondeva in casa
di una prozia di Petricelli. E suo padre, Luigi Petricelli, seguì da vicino lo
sviluppo della vicenda nel 1957, quando per il riconoscimento al Quirinale
venne in Italia il padre di Renato, Vincenzo. Che da Roma poi si recò sul luogo
dell’eccidio, San Pio delle Camere, con il suocero, su una Fiat 1100 E nera,
per cercare la spia del figlio e ucciderla. Panico. All’anagafe comunale
falsificarono le carte, e dissero la spia morta da tempo. La Fiat nera era del
padre dello scrittore.
Un buon uso delle fonti. Ottimo
anche il contesto. L’Abruzzo cruciale nel 1943: la fuga del re da Ortona,
Mussolini a Campo Imperatore, la linea Gustav che tagliava in due la
regione. Renato è avventato come ogni
uomo di coraggio: era inseguito da una taglia, spiega Flaiano, era stato cioè
individuato, indicato da qualcuno, ma questo non lo portò a nascondersi. Provò
anzi a passare il fronte, con tre compagni, uno dei quali morì alla cattura. La
delazione fu pagata 5 mila lire e tre chili di sale.
Un buon Archiivo di cultura
moderna, dell'editrice pescarese specializzata in studi dannunziani.
Marco Petricelli, Il partigiano americano, Ianieri, pp.
304 € 17
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