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Il piccolo chimico Sacks - e Levi che non c'è
“Sono
cresciuto nella zona nord-occidentale di Londra, prima della seconda guerra mondiale,
in un’enorme casa edoardiana”. Da genitori entrambi medici. Che in ambulatorio,
in casa, e in altri ambienti tenevano disordinati flaconi di medicine, ”la
bilancia per pesare le polveri, i portaprovette e la vetreria, la lampada a
spirito” e “farmaci, lozioni, elisir – sembrava una vecchia farmacia”,
eccetera, il microscopio, i reagenti. Insomma, Oliver Sacks ha avuto un’infanzia
“chimica”. E in questo primo volume delle memorie la ricostruisce.
Dettagliato, non appassionante. Sacks sa raccontare i casi degli altri
meglio dei suoi: è sempre scrittore gradevole, “veloce”, ma alla fine di queste
memore non resta molto. Se non lo stupore per l’assenza, in questo racconto del
2001, di una “infanzia chimica”, del minimo riferimento a Primo Levi. Che per
primo aveva saputo far parlare gli elementi, nel “Il sistema periodico” - il “Carbonio”
meglio del tungsteno, ben più curioso. In una raccolta piaciuta anche in
America, dove l’inglese Sacks ha vissuto e lavorato una vita. Stupisce anche
per essere Levi, ebreo come Sacks, forte nella memoria ebraica.
In
effetti, questa prima biografia è molto, solo, autocentrata. E celebrativa. Lo
psichiatra Sacks dirà solo in punto di morte nel 2015, nell’ultimo volume di
memorie, di essere omosessuale. Una “confessione” peraltro da succès de scandale, per rinsaldare la
fama, da ottimo scrittore di bestseller
– questo, il minore dei suoi successi, ha in italiano già otto edizioni o ristampe.
L’autobiografia
dello scienziato è insidiosa. O forse solo rivelatrice: questa del professor
Sacks come di miglior scrittore che ricercatore.
Oliver
Sacks, Zio tungsteno, Adelphi, pp. 317
€ 15
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