La Germania invitata alla ragione
Quattro lettere, scritte dopo
l’impegno di Camus nella Resistenza contro l’Occupazione tedesca. Due
pubblicate, nel 1943 e nel 1944, la terza nel 1945, a liberazione di Parigi
avvenuta, la quarta inedita. Riunite in volume da Gallimard nel 1948, ma in poche copie, Camus si era poi
opposto alle riedizioni e alle traduzioni. Fino all’edizione italiana, 1956,
alla quale antepose una prefazione, per spiegarsi, che qui si ripropone. In cui
scrive di non nutrire sentimenti anti-germanici, di non averli nutriti quando
scriveva le lettere al presunto coetaneo e amico tedesco: “Sono scritti di
circostanza, che possono avere un’aria d’ingiustizia”. E spiega: il “voi” delle
lettere non significa “voialtri Tedeschi” ma “voialtri nazisti”. Camus vuole
sopratutto allontanare il sospetto di nazionalismo, da cui, assicura, rifuggiva
anche nel corso della guerra.
Le lettere sono una sfida alla
Germania sul coraggio. Ce ne vuole molto di più per “avanzare verso la tortura
e la morte” che per marciare al fronte compatti, secondo strategie preparate da
tempo con cura. Aggiungendo: ce ne vuole anche per non soccombere alla
“tentazione di somigliarvi”. E si vogliono una risposta sul terreno della
verità. Partendo dai rimproveri dell’amico: “Tu non ami il tuo paese” e “i
Francesi non amano l’intelligenza”. E contro la “cecità” tedesca, che anche Dio
schiera al servizio del Paese: “Noi siamo partiti dall’intelligenza, e dalle
sue esitazioni”, per finire convinti e vincenti, mentre “voi non distinguete
più niente, non siete più che uno slancio. E combattete ora con le sole risorse
della collera cieca, attenti alle armi e
ai colpi scintillati piuttosto che all’ordine delle idee, intestarditi a
confondere tutto, a seguire il vostro pensiero fisso”.
Un alro che, come tutti poi, pensa ancora in gerra che non ci sarà futuro se la
Francia e la Germania si combattono. Un non ancora filosofo invita la
filosofica Germania alla ragione.
Albert Camus, Lettres à un ami allemand, Folio, pp.
81 € 7
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