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L’umanità era finita nel 2012
Nel
Novecento era divenuto facile “procurarsi da mangiare” , e “la popolazione
mondiale cresceva a dismisura”. Ma “più uomini c’erano, più vivevano ammassati,
e più vivevano ammassati, più nuove specie di germi diventavano malattie”.
Tante che non si faceva in tempo a diagnosticarle e analizzarle: “Il mondo
microrganico rimase fino all’ultimo un mistero”.
“Fino
all’ultimo”, cioè ci fu una fine: “I batteriologi sapevano dell’esistenza di
un mondo del genere” ma non di più. “Sapevano che di tanto in tanto emergevano
stuoli di nuovi germi intenzionati a uccidere gli uomini”. Tanti da non potersi
contare, anche perché “nuove specie di germi” si generavano in continuo. A un
certo punto muoiono tutti, eccetto il nonno – che ha il compito di raccontarci
l’ultimo atto – perché “immune”.
Non è una storia da pandemia, da
coronavirus, con i batteriologi in batteria sugli schermi a spiegare
l’inspiegabile -ma ci somiglia. È il racconto probabilmente più letto, di London e della peste:
è il racconto che ha più edizioni, dalle Paoline alla Einaudi. Un racconto che
non è un racconto in realtà se non di una umanità ridotta a pochi ragazzi
ignoranti e selvaggi nel 2073, a cui il nonno sopravvissuto alla peste
scarlatta che ha decimato gli esseri umani nel 2013 racconta la sua casuale
sopravvivenza. La California, dove i ragazzi selvaggi vagano fra rottami e
vapori, è una sterpaglia, gli orsi vi s’aggirano, e i lupi. La peste è detta
scarlatta perché le persone diventavano rosse e morivano. Il motivo? Non si sa.
London si è voluto cimentare nel
genere catastrofico, dopo il successo nel 1901 di Matthew Shiel con “La nube
purpurea”, una delle prima narrative post-apocalittiche. Nel 1912, informa Ottavio
Fatica, che ha curato questa riedizione, l’anno della “peste scarlatta”, era l’“anno
della fine del mondo per la setta dei survivalists,
che ricava il dato dalla Bibbia, e per altri che si rifanno invece a profezie
maya”. Il 2012 è passato più o meno indenne – Fatica scriveva nel 2009 – ma non
del tutto, con la peste aviaria, e quella suina. E se poi il 2012 si legge 2021…
Non un racconto appassionante –
se non per la parte scientifica, della batteriologia inerme. Immaginava meglio
London qualche anno prima, nel 1908, col “Tallone di ferro”, scrivendo in
chiave politica, che conosceva meglio: una rivoluzione reazionaria, che avrebbe
preso il potere, nel 1932.
Jack London, La peste scarlatta, Adelphi, pp. 94 € 9
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