venerdì 13 agosto 2021

Camus ritorna sui luoghi del delitto

“Orano, capitale della noia”. Si comincia sul leggero, con un ritratto ironico della città di elezione  - la citta della “Peste”, il racconto per cui l’autore è famoso – sul mare al confine col Marocco. Un ritratto datato, 1939, prima del diluvio, e riproposto appunto perché scherzoso. Ma già Orano introduce all’abisso, dell’uomo rivoltato, anche se non sa bene contro che cosa – si dice assurdo, ma “nessuno sa cosa sia”. Sempre ragi nativo:  “La nostra ragione ha fatto il vuoto”. Nel modo di vivere. Nel pensiero: “Solo la città moderna offre allo spirito il terreno su cui può prendere coscienza di se stesso” (Hegel). E nella letteratura: “Si cercano invano i paesaggi nella grande letteratura europea dopo Dostoevskij” -  “mentre i Greci davano alla volontà i limiti della ragione”.
Un viaggio in Algeria, Orano, Algeri, Costantina, Tipasa, i mandorli in fiore, in questa riedizione Gallimard, 1951, di “Nozze seguito da «L’estate»”, tradotto nel 1969 col titolo “L’estate e altri saggi solari”, a cura di Caterina Pastura e Silvio Pezzella. Un ritorno, nostalgico già all’epoca, tra guerra e primo dopoguerra- immaginarsi oggi, dopo l’arabizzazione e la lunghissima, cruentissima, guerra civile religiosa. Il ritorno a Tipasa, le rovine sul mare, luogo di elezione. I mandorli o il fiore della vita: sbocciano una notte fredda di febbraio, di fiori bianchi e spesse foglie che resistono alle piogge e al vento del mare, quanto basta a far crescere il frutto. Con ritorni, nei pezzi del 1950 e successivi, sulle sue proprie concezioni filosofiche. Ne “L’enigma” risponde ai dubbi sul suo concetto di assurdo, interrogandosi a sua volta. A Tipasa il ritorno è freddo: l’esilio, sia pure volontario, è “la vita secca, delle anime morte: per rivivere, ci vuole una grazia, l’oblio di sé o una patria”.
I Greci vivevano nella misura, l’Europa vive (viveva settanta anni fa) nella dismisura – dopo la guerra Camus è pessimista. I Greci avevano il senso del limite: “Nemesi vigila, divinità della misura, non della vendetta”. Il senso del limite era greco fin dall’inizio, da Eraclito: “Il sole non oltrepasserà i suoi limiti, altrimenti le Erinni, che vigilano sulla giustizia, sapranno scoprirlo”. Noi, che abbiamo “disorbitato l’universo”, ce la ridiamo di questa minaccia: “Nelle nostre più estreme demenze, noi sogniamo un equilibrio che abbiamo lasciato dietro di noi e di cui crediamo ingenuamente che andiamo a ritrovarlo al capo dei nostri errori. Presunzione infantile e che giustifica che popoli bambini, eredi delle nostre follie, conducano oggi la nostra storia”. Gli americani, si penserebbe,  e i russi – dopo i tedeschi. “Un frammento attribuito allo stesso Eraclito enuncia semplicemente: “Presunzione, regresso del progresso”. Una riflessione ambientalista in anticipo sulla scoperta dei “limiti dello sviluppo”: “La natura è sempre lì, tuttavia” . anche se non nel senso del bello-e-buono che Camus prospetta.
Marcel Camus, L’été, Folio, pp. 137 € 2

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