Camus ritorna sui luoghi del delitto
“Orano,
capitale della noia”. Si comincia sul leggero, con un ritratto ironico della
città di elezione - la citta della
“Peste”, il racconto per cui l’autore è famoso – sul mare al confine col
Marocco. Un ritratto datato, 1939, prima del diluvio, e riproposto appunto perché
scherzoso. Ma già Orano introduce all’abisso, dell’uomo rivoltato, anche se non
sa bene contro che cosa – si dice assurdo, ma “nessuno sa cosa sia”. Sempre ragi
nativo: “La nostra ragione ha fatto il
vuoto”. Nel modo di vivere. Nel pensiero: “Solo la città moderna offre allo
spirito il terreno su cui può prendere coscienza di se stesso” (Hegel). E nella
letteratura: “Si cercano invano i paesaggi nella grande letteratura europea dopo
Dostoevskij” - “mentre i Greci davano
alla volontà i limiti della ragione”.
Un
viaggio in Algeria, Orano, Algeri, Costantina, Tipasa, i mandorli in fiore, in
questa riedizione Gallimard, 1951, di “Nozze seguito da «L’estate»”, tradotto
nel 1969 col titolo “L’estate e altri saggi solari”, a cura di Caterina Pastura
e Silvio Pezzella. Un ritorno, nostalgico già all’epoca, tra guerra e primo
dopoguerra- immaginarsi oggi, dopo l’arabizzazione e la lunghissima,
cruentissima, guerra civile religiosa. Il ritorno a Tipasa, le rovine sul mare,
luogo di elezione. I mandorli o il fiore della vita: sbocciano una notte fredda
di febbraio, di fiori bianchi e spesse foglie che resistono alle piogge e al
vento del mare, quanto basta a far crescere il frutto. Con ritorni, nei pezzi
del 1950 e successivi, sulle sue proprie concezioni filosofiche. Ne “L’enigma”
risponde ai dubbi sul suo concetto di assurdo, interrogandosi a sua volta. A
Tipasa il ritorno è freddo: l’esilio, sia pure volontario, è “la vita secca,
delle anime morte: per rivivere, ci vuole una grazia, l’oblio di sé o una patria”.
I Greci
vivevano nella misura, l’Europa vive (viveva settanta anni fa) nella dismisura – dopo la guerra Camus è
pessimista. I Greci avevano il senso del limite: “Nemesi vigila, divinità della
misura, non della vendetta”. Il senso del limite era greco fin dall’inizio, da
Eraclito: “Il sole non oltrepasserà i suoi limiti, altrimenti le Erinni, che
vigilano sulla giustizia, sapranno scoprirlo”. Noi, che abbiamo “disorbitato
l’universo”, ce la ridiamo di questa minaccia: “Nelle nostre più estreme
demenze, noi sogniamo un equilibrio che abbiamo lasciato dietro di noi e di cui
crediamo ingenuamente che andiamo a ritrovarlo al capo dei nostri errori.
Presunzione infantile e che giustifica che popoli bambini, eredi delle nostre
follie, conducano oggi la nostra storia”. Gli americani, si penserebbe, e i russi – dopo i tedeschi. “Un frammento
attribuito allo stesso Eraclito enuncia semplicemente: “Presunzione, regresso
del progresso”. Una riflessione ambientalista in anticipo sulla scoperta dei “limiti
dello sviluppo”: “La natura è sempre lì, tuttavia” . anche se non nel senso del
bello-e-buono che Camus prospetta.
Marcel
Camus, L’été, Folio, pp. 137 € 2
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