“Washington Post” non dà la notizia della
straordinaria vittoria di Jacobs sui 100 metri a Tokyo, davanti all’americano
Fred Kerley – che non si è complimentato. Titola: “Obscure Italian from Texas”.
Cioè, non vale la pena parlarne. E poi dice che troppi vincitori nell’atletica
sono risultati dopati. Ma non dice che
la maggior parte sono americani – come nel ciclismo, con Armstrong che vinceva
i Tour de France in serie. Il giornalone non dice che è un anno ormai che Jacobs corre i 100 sotto o attorno ai 10'', ma questo riguarda la professionalità.
Vanessa Ferrari ha perso l’oro a corpo libero in favore
dell’americana Jade Carey per 0.166 centesimi di punto. Ma si sapeva che non
poteva vincere. Doveva vincere Simone Biles, “la più grande atleta del mondo”
per gli americani. Poi Biles, che arrancava in classifica dietro Ferrari, si è
ritirata, senza dare una spiegazione (“ho i diavoli”), e la delusione sarebbe stata troppa per l’America? Una volta gli americani ne avevano per tutti, prodighi anche, ora sono tirchi.
Quali sono i diavoli di Biles, che gareggia da dieci
anni, di cui sei da primatista, sempre su sfide estreme, non
una novellina? Nessuno se lo chiede.
Susan Sarandon, attivista per il senatore socialista
Sanders, ha viaggiato da Los Angeles a New York per capeggiare un picchetto di protesta
davanti all’ufficio elettorale di Alexandria Ocasio-Cortez, deputata
democratica di sinistra, perché non si è impegnata per Medicare for All, un sistema
sanitario nazionale analogo a quelli in uso in Europa. Ma tutto è organizzato
dall’ex comitato elettorale di Sanders.
Nel documento presentato alla on.le Ocasio-Cortez da
Susan Sarandon e il comitato di cui era rappresentante si fa questo appello, al
punto 3: “Chiediamo che usiate i vostri enormi seguiti social media, le
tecniche di contatti con la stampa, la celebrità, per organizzare impegni diretti
a favore di Medicare for All”.
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