lunedì 30 agosto 2021
Ecobusiness dello spreco
L’ecologia implicherebbe il risparmio
– l’unica ricetta ambientale sana. Nell’industria ecologica invece si
moltiplicano a dismisura i consumi. Dei materiali, dai grandi ai piccoli. Delle
automobili di volume e peso doppie rispetto a venti anni fa - nelle strade di
molti paesi e di campagna due automobili non possono incontrarsi. Dei
frigoriferi tripli, i piatti giganteschi, i calici. Del packaging triplo e
quadruplo con la scusa dell’igiene. Delle due docce al giorno. Dello spreco di
plastica, carta, cartoni. Del vino (cattivo: insapore, pieno di conservanti) in
bottiglia invece che (odoroso, saporito) alla mescita. Dell’incredibile, psichiatrico
, uso delle acque “minerali”, in plastica o in vetro, decine di milioni di
bottiglie ogni giorno. Di elettricità soprattutto, per condizionatori,
frigoriferi giganti, luci diffuse - 70 TWh (terawattora, miliardi di kWh) se ne
sono consumati nelle utenze domestiche nel 2020, in crescita di un terzo nei
vent’anni del Millennio. Della mobilità incontrollata, con mezzi a uso
individuale. Dello spreco di acqua e calore per la pulizia dei rifiuti da
differenziata – che costa e rende poco. O la fine del legno, e della carta,
risorsa rinnovabile, a favore di materiali carbon
intensive, plastiche, acciaio,
cemento. E l’equivoco incredibile della Grande Distribuzione, meglio (peggio)
se 7\11, sponsorizzata (in Italia) dalla sinistra politica, che non garantisce
più la qualità, e non riduce i prezzi come promette ma li diversifica per
moltiplicarli all’esito finale, e tutto vuole impacchettato, imponendo per
sovrappiù un pendolarismo a distanza, con mezzo personale di locomozione.
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