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Goethe filosofo
“Mi
sono sempre tenuto libero dalla filosofia”, assicurava Goethe – o anche: “Dividere
e calcolare non è nella mia natura”. Ma Simmel sa che non è vero – non può
esserlo – e la filosofia di Goethe, peraltro semplice, espone in dettaglio,
navigando tra la poesia, le lettere, le interviste. Un saggio sulla filosofia
di Goethe, che non ne aveva (voleva averne) una - Kant serve da specchio.
La
filosofia di Kant è semplice, premette, e – apparentemente – inconfutabile. In
breve: “L’intelletto, così egli si esprime con audacia inaudita, prescrive alla
natura le sue leggi”. Le cose esistono in quanto nostre rappresentazioni. Il
nostro problema conoscitivo non sono le cose ma il nostro sapere di esse. Una
concezione del mondo scientifico-intellettualistica. Goethe, suo malgrado, ha
anch’egli una visione unitaria del mondo, ma come sentimento o immedesimazione.
“Con una metafora ardita”, spiega Simmel, “la filosofia di Goethe assomiglia ai
suoni, che destano immediatamente sentimenti di piacere e di dolore, mentre la
filosofia scientifica è più vicina alle parole”.
Si
vive per grazia ricevuta è la pietra di fondazione della “filosofia” di Goethe:
“Sì, questa è la via giusta,\ che non si sa cosa si pensa,\ quando si pensa: \
tutto è come donato”. È una delle “Xenie miti”. Che non è però il rifiuto del
pensiero – ovvio. A Eckermann dirà: “La cosa più grave è che pensare al
pensiero non serva a nulla; si deve invece dire il vero per natura, così che le
buone idee possano presentarcisi liberamente, come figli di Dio, gridarci: eccoci!”. Più illuminazione e meno sistema: “Non ardisco
parlare dell’assoluto in senso teoretico; posso però dichiarare che chi lo ha riconosciuto
nei fenomeni e lo ha sempre negli ne avrà un gran guadagno”.
Nella
sintesi di Simmel: “Goethe risolve l’equazione tra soggetto e oggetto dalla parte
dell’oggetto, Kant invece dalla parte del soggetto”. Una sorta di panteismo: “Anche
l’innaturale è natura”. Pur professando una radicale alterità, o incompetenza: “Il
centro della natura non è\ nel cuore degli uomini” (“Gott und Welt. Ultimatum”).
O, sempre a Eckermann: “Se non avessi portato in me fin dal principio il mondo,
sarei rimasto cieco, con gli occhi bramosi di guardare, e ogni ricerca, ogni
esperienza non sarebbero state che un
morto e inutile affanno”. Anche nell’accingersi al “Viaggio in Italia” – nella tarda
scrittura del “Viaggio”: “Talvolta mi fa paura tutto ciò che mi invade senza
che io possa difendermene – e che torna
poi a svilupparsi da dentro”.
La
riprova dell’unità del cosmo è la bellezza. “La semplice esistenza della
bellezza”, può sintetizzare Simmel, “la nostra capacità di percepirla e
addirittura di raffigurarla ci dimostra che sussiste realmente qell’unità degli
elementi del cosmo di cui il pensiero del suo tempo è alla ricerca”.
Una
filosofia, forse, del futuro, Completa di animalismo. La natura “è troppo
grande per orientarsi verso una finalità, e neppure ne ha bisogno”.
Uno
dei tanti saggi – il primo? 1906 – di Simmel su Kant e su Goethe. Tradotto e
curato da Alessandra Iadicicco.
Sottotitolo “Per una storia della moderna concezione del mondo”.
Georg
Simmel, Kant e Goethe, Ibis, pp. 91
€ 8,50
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