Un’anticipazione
di “How to start writing (and when to stop”), la raccolta di consigli agli scrittori
che Szymborska dispensò per venti anni, dal 1960 al 1981, in forma anonima, ai
lettori della rivista “Žycie literackie”, vita letteraria. Era un tempo in cui,
dirà dopo, bisognava non distinguersi, appiattirsi. Ma siccome tutti vogliamo
essere diversi, la poesia sembrava un percorso quasi obbligato – tutti poeti.
Pareri
sorridenti, brevi e brevissimi, un esercizio di ironia intinta di
disponibilità. “Sospiro di essere un poeta”, le scrive una signorina A.P. da
Bialogard, “gemo di essere un editor”, risponde Szymborska. Insistente è il
richiamo al “lato prosaico” – a Grazyna da Starachowice: “Lasciamo le ali da parte,
e tentiamo di scrivere a piedi, lo faremo?”. Forse, si può anche “amare in
prosa” – “gli spiriti sono belli e cari, ma perfino la poesia ha i suoi lati
prosaici”: dopo l’ispirazione la correzione, il rifacimento, la cancellazione.
Più
che recensioni dei testi ricevuti o letti, riflessioni. Occasionali, diradate
nel tempo. Le due pubblicazioni sono un estratto del volume che New Directions annuncia
per la ripresa, a inizio ottobre, che si annuncia smilzo, un centinaio di pagine. Con le illustrazioni tratte dai collages di cui Szymborska si
dilettava. “Wit, Wisdom and Warmth”, con le tre “w” la raccolta viene presentata,
spirito, saggezza e simpatia.
Un
esercizio da maestrina, ma partecipato. A Puszka, da Radom: “Anche la noia
dovrebbe essere descritta con piacere. Quante cose stanno succedendo un giorno
in cui niente succede?”.
WisÌawa
Szymborska, “No one thinks in esperanto”,
The New York Review of Books”, $ 1
How to (and How Not To) Write Poetry, poetryfoundation.org,
free online
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