Fa
quasi trent’anni questo non aureo libretto, con cui s’inagurava la stagione
celebrativa della mafia. Un anno dopo le stragi in cui furono assassinati i
giudici Falcone e Borsellino, quindi in tono deprecatorio, ma con esito
accrescitivo del fenomeno, di Riina per intenderci, e altre belve. Un volumetto
che è andato anche in molte scuole, dove Violante animava giornate contro la
mafia.
È
la prima bozza di relazione della Commissione parlamentare Antimafia , per la
parte attinente agli interrogatori di Tommaso Buscetta, Leonardo Messina e
Gaspare Mutolo, tre pentiti illustri, tra novembre 1992 e febbraio 1993,
spiega Violante, in qualità di presidente della Commissione, nella prefazione
alla pubblicazione in supplemento a “l’Unità”.
In
trent’anni, tre generazioni di mafiosi si erano sterminate. Ma questo resta nel
sottofondo: i tre vengono fatti parlare della mafia come di un’organizzazione
inafferrabile, intelligente, e vincente. Formalmente sono interrogati, da
Violante medesimo in qualità di presidente, ma le sue domande sono solo
interpunzioni a lunghi monologhi.
Nel
primo interrogatorio il presidente della Commissiona parlamentare Antimafia si
lascia portare per mano da Buscetta. Buscetta sa anche che “gli americani
sapevano tutto del golpe Borghese” – e lui sapeva tutto degli americani, “gli”
americani? Il caso Calvi, il banchiere trovato appeso sotto un ponte di Londra,
fu gestito da Pippo Calò (chi era Calò, per fortuna non serve più spiegarlo).
Sindona i mafiosi, che lo proteggevano, lo ritenevano pazzo. “Lima serviva a
denigrare Andreotti” – Buscetta-Violante hanno a cuore l’irreprensibilità del
divo Giulio. Lunica cosa che si evita è il coinvolgimento della mafia
nell’affare Moro.
Leonardo
Massina esordisce con i quattro quarti: “Io sono la settima generazione che
appartiene a Cosa Nostra” – che quindi c’era con la Rivoluzione francese,
oppure con Napoleone. E prosegue: “La mafia è un organismo democratico, uno dei
più importanti organismi democratici” – anche se, ingenuamente?, aggiunge: “Si
vota per alzata di mano, niente scrutinio segreto”. Quanto a lui, è mafioso
per passione, per ascendenza o destino familiare: “Io ho sempre lavorato, ho avuto
un lavaggio, una macelleria, ho sempre guadagnato di più col mio lavoro che con
Cosa Nostra”.
Mutolo,
il più inaffidabile dei tre pentiti, specie nei processi in America, è in grado
di prevedere gli attentati di Firenze, Roma e Milano, e questo è inquietante,
molto (era isolato e controllato da due anni): dopo la conferma in Cassazione
delle condanne per il maxiprocesso di Falcone, dopo le stragi Falcone e Borsellino,
“ci saranno altri attentati… Ci sono agganci in diverse città, Napoli, Milano,
Roma, Firenze”. E afferma, su insistenza di Violante, che Contrada - ora in
qualche modo scagionato - era in confidenza con tutti i capimafia.
Luciano
Violante, Mafia&Potere
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