Le logge della giustizia
Il superpoliziotto Renato Cortese, a processo per l’
“abduzione” a maggio del 2013 della bella kazaka Alma Shalabayeva, e della sua
figliola Alua, in attesa dell’appello dopo una prima condanna a 5 anni di
carcere, è scagionato all’Interpol. Da una lettera dello stesso 2013 del capo
dell’Interpol che ora si rinviene.
Shalabayeva era stata espulsa nel 2013 perché girava
con un passaporto falso, e perché moglie di un ricercato Interpol, Muhtar
Ablyazov, “per gravi reati”, “per
crimini (finanziari, n.d.r.) commessi in vari paesi”. Ma seppe farsi forte di
uno status di rifugiato politico del marito, rilasciato a Londra e valevole,
allora, in tutta l’Europa. La protezione internazionale della condizione di
rifugiato si estendeva alla moglie e alla figlia: il Tribunale di Perugia (quale
altro?) così stabilì, anche se del riconoscimento britannico non si trovarono
le tracce, e condannò Cortese. Che ora, a 56 anni, è un ex superpolizotto,
benché fosse il più brillante della sua generazione, soprattutto nella caccia ai
mafiosi.
La lettera che si esuma è firmata dall’allora capo
dell’Interpol, Richard Noble, e indirizzata all’allora capo della Polizia
Alessandro Pansa che gli aveva chiesto lumi. Curiosa risposta: “Il signor
Ablyazov è soggetto ricercato ai fini dell’arresto da tre paesi Inkkterpol per reati
gravi”, ma se “al signor Ablyazov sia stato concesso dal Regno Unito lo status
di richiedente asilo o di rifugiato” l’Interpol non può saperlo.
Noble è inglese. E si sa che Londra concede
protezione legale ai miliardari, non importa di che natura sia il loro
patrimonio. Anche se talvolta qualcuno vi si trova impiccato o avvelenato, o cade dalla barca. Ma non è questo il punto. È che il tribunale di Perugia ha fatto
valere uno status di rifugiato di cui non poteva avere la certezza. Se non per ragioni
di loggia – come spesso avviene a Perugia – cioè di obbedienza massonica.
Lo stesso pluriricercato Ablyazov, nello stesso anno, era sotto le ali in Francia di una giudice, Solenge Legras, Procuratore Generale di
Aix-en-Provence. Che per proteggerlo non solo non rispose all’Interpol ma
arrivò a inscenare, per evitare che Ablyazov fosse sottratto alla sua
giurisdizione, un finto arresto. Una giudice dura, molto – la moglie di
Matacena, un imprenditore calabrese accusato per molto meno di Ablyazov (poi
ìnnocentato), mandò al carcere solo perché moglie, compiacendosi con i giornali
che il carcere fosse duro, senza igiene e senza cibo. Ablyazov e Matacena erano
di due obbedienze concorrenti? E il segretario generale dell’Interpol Noble? E
il prefetto Pansa - che aveva la lettera che scagionava Cortese?
La giustizia è una idra a mille teste, sarà dura da
riformare.
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