sabato 14 agosto 2021

Le logge della giustizia

 Il superpoliziotto Renato Cortese, a processo per l’ “abduzione” a maggio del 2013 della bella kazaka Alma Shalabayeva, e della sua figliola Alua, in attesa dell’appello dopo una prima condanna a 5 anni di carcere, è scagionato all’Interpol. Da una lettera dello stesso 2013 del capo dell’Interpol che ora si rinviene.
Shalabayeva era stata espulsa nel 2013 perché girava con un passaporto falso, e perché moglie di un ricercato Interpol, Muhtar Ablyazov,  “per gravi reati”, “per crimini (finanziari, n.d.r.) commessi in vari paesi”. Ma seppe farsi forte di uno status di rifugiato politico del marito, rilasciato a Londra e valevole, allora, in tutta l’Europa. La protezione internazionale della condizione di rifugiato si estendeva alla moglie e alla figlia: il Tribunale di Perugia (quale altro?) così stabilì, anche se del riconoscimento britannico non si trovarono le tracce, e condannò Cortese. Che ora, a 56 anni, è un ex superpolizotto, benché fosse il più brillante della sua generazione, soprattutto nella caccia ai mafiosi.
La lettera che si esuma è firmata dall’allora capo dell’Interpol, Richard Noble, e indirizzata all’allora capo della Polizia Alessandro Pansa che gli aveva chiesto lumi. Curiosa risposta: “Il signor Ablyazov è soggetto ricercato ai fini dell’arresto da tre paesi Inkkterpol per reati gravi”, ma se “al signor Ablyazov sia stato concesso dal Regno Unito lo status di richiedente asilo o di rifugiato” l’Interpol non può saperlo.
Noble è inglese. E si sa che Londra concede protezione legale ai miliardari, non importa di che natura sia il loro patrimonio. Anche se talvolta qualcuno vi si trova impiccato o avvelenato, o cade dalla barca. Ma non è questo il punto. È che il tribunale di Perugia ha fatto valere uno status di rifugiato di cui non poteva avere la certezza. Se non per ragioni di loggia – come spesso avviene a Perugia – cioè di obbedienza massonica.
Lo stesso pluriricercato Ablyazov, nello stesso anno, era sotto le ali in Francia di una giudice, Solenge Legras, Procuratore Generale di Aix-en-Provence. Che per proteggerlo non solo non rispose all’Interpol ma arrivò a inscenare, per evitare che Ablyazov fosse sottratto alla sua giurisdizione, un finto arresto. Una giudice dura, molto – la moglie di Matacena, un imprenditore calabrese accusato per molto meno di Ablyazov (poi ìnnocentato), mandò al carcere solo perché moglie, compiacendosi con i giornali che il carcere fosse duro, senza igiene e senza cibo. Ablyazov e Matacena erano di due obbedienze concorrenti? E il segretario generale dell’Interpol Noble? E il prefetto Pansa - che aveva la lettera che scagionava Cortese?
La giustizia è una idra a mille teste, sarà dura da riformare.

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