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Morire per l’incapacità di amare
Le
due raccolte poetiche di Pavese presentate tal quali, con una introduzione non invasiva
di Paolo Di Paolo, danno un’immagine particolare di Pavese. Lo scrittore cui si
fa ascendere il neo realismo, la narrazione degli ambienti poveri, con “Paesi
tuoi” - pubblicato nel 1941, a maggio, scritto l’estate del 1939 – resta, perlomeno
come tale si presenta, un onanista, solo incupito dalle sue ombre. Sia nei
componimenti della prima raccolta, “Lavorare stanca”, benché bucolici e quasi
idilliaci, di più in quelli dell’ultima, postuma, “Verrà la morte e avrà i
tuoi occhi”, terribile già nel titolo.
Una condizione doppiata dalle
incertezze politiche, dall’adesione tiepida alle ragioni anche le più
giuste della politica – un’incapacità d’immedesimazione di cui aveva coscienza,
ne tratta spesso nel diario, “Il mestiere di vivere”. Vissuta nella seconda raccolta,
inevitabilmente segnata dal tardo e finale amore per l’attrice americana Constance
Dowling, con violenza. Sia nei giorni felici, pochi, sia, di più, prima e dopo, nei
settenari marcianti di “You, wind of March” (alcuni componimenti sono in
inglese), da marcia funebre: “Il tuo peso leggero\ ha riaperto il dolore”. L’ultimo di una serie di innamoramenti
infelici. In parallelo con l’impegno politico controvoglia.
Cesare
Pavese, Poesie, Newton Compton, pp. 160
€ 7,50
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