Brillante malinconico Arbasino
Arbasino
visto dall’esterno. Da una frequentazione anche ripetuta, ma non intima,
personale. Con modi di essere e di dire, pensieri, ubbie. Ma c’è un Arbasino
visto dall’interno – era prigioniero del se stesso che aveva creato? Frequentandolo
no, innalzava barriere di birignao, ma leggendolo sì: era un critico dell’epoca.
Un acuto, acutissimo, social scientist sotto la scrittura birichina. E
si poneva fuori tempo. Riservato, e triste al fondo, dietro la maschera curiosa, partecipativa, e di rare, rarissime, amicizie, come è qualcuno aloof, un solitario, che gli altri direbbero reazionario. À la
page, di ogni innovazione e
oltraggio, ma da conservatore. A suo agio solo con monumenti puri e duri, indifferenti
al pensiero del giorno, Gadda, Giancarlo Marmori, in qualche modo perfino
Pasolini, i vecchi snob inglesi, i vecchi in generale.
E
provinciale, come è forse nel dna di ogni buon lombardo – Arbasino aveva scelto
Roma, già da ragazzo, per studiarvi Scienze politiche, ma manteneva modi
lombardi, insieme partecipe e riservato. Esterofilo e neoterico, ma da amante di
tradizioni e luoghi noti. Da ultimo da esterno, come da remoto. Malinconico, benché presenzialista, forse perché
inseguiva il capolavoro.
Michele
Masneri, Stile Alberto, Quodlibet,
pp. 155, ill. € 14,50
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