domenica 5 settembre 2021

Donne indifese in Calabria

Le donne indifese sono le viaggiatrici: la scrittrice, molto giovane, e sua madre. Indifese perché hanno deciso, la madre assecondata dalla figlia, di viaggiare da sole. La compagnia degli uomini in viaggio reputando utile solo per il bagaglio. Che allora riducono a una borsa da viaggio – una carpet-bag l’una, “sacca da viaggio fatta con lo stesso tessuto utilizzato per i tappeti, molto in voga nel XIX secolo sia in Gran Bretagna che negli Statti Uniti” (la traduttrice e curatrice Maria Rosaria Costantino).
Lowe, di cui non si sa la data di nascita, nel 1857 pubblica a Londra queste note, “Unprotected Females in Sicily, Calabria and on top of Mount Aetna”. Dopo aver pubblicato, due anni prima, un analogo “Unprotected Females in Norway”, con una certa fortuna. Nel 1869 si sa che sposa un baronetto, discendente di Enrico VIII, sir Spencer Clifford. Data alla quale aveva disegnato come architetto la casa di famiglia a Londra, e si era impegnata, riuscendoci, a conseguire la patente di comandante capitano navale, effettuando anche una traversata commerciale documentata del Mediterraneo con un’imbarcazione da 350 tonnellate al suo comando. Nel viaggio al Sud si può ipotizzare fosse sui vent’anni. Una ragazza, anche se allora la ragazza non esisteva, troppo dotata per accontentarsi, se non iperattiva, con un piglio di scrittura altrettanto energico. Queste note rapide, di un viaggio breve, e poco organizzato, nella stagione più difficile, tra Natale  e la Befana, in ambienti totalmente estranei, e si direbbe ostili, sono l’una più intelligente (espressiva, azzeccata, persuasiva) dell’altra. La fine è, a Napoli, sbarcando dal “Sorrento”, grande letteratura: “Sbarcammo, andammo in albergo, occupammo i nostri posti fra la gente civile e sentimmo che c’era un modo di vivere diverso da quello di essere adorate”.
È sbarcata pimpante, per Capodanno, da uno “speronare”, grossa imbarcazione con uno sperone, “dalle ampie vele”, in Calabria, “terra che pericoli romanzeschi proteggono dall’invasione dei viaggiatori”. Due cose importanti, e controcorrente, in mezza riga: i pericoli sono romanzeschi, la Calabria è isolata. Trova che Reggio “barcolla sulle gambe come un bambino” - per il terremoto: quale? uno qualsiasi, la terra ancora trema. Ma la sera c’è l’opera, ed è eccellente. Come pure il teatro, si recita Goldoni, "Il ventaglio". “Il Trovatore” la giovane viaggiatrice trova cantato “con una completezza e un sentimento tali da far pensare alla Calabria come alla terra natia delle passioni cupe che quella musica rivela in modo pauroso”. Che non è vero storicamente, ma già dice molto della Calabria. Al secondo giorno di permanenza. Senza rinunciare al cliché: sempre all’opera, nel pubblico, “benché non ci fossero bellezze smaglianti, capaci di folgorare qualcuno, c’erano molte facce davvero interessanti e occhi adatti a giustificare gran numero di omicidi” – lasciando aperto il senso: facce di assassini o occhi assassini, di assassine.
Eccetera. Della “casa calabrese”, incompiuta, sa da architetto in petto la ragione (una ragione, allora, metà Ottocento, poi ci sarà il mutuo da ripagare alla banca): “I terremoti hanno introdotto uno sciatto sistema di costruzione per cui le impalcature vengono collocate all’interno degli edifici (sistema costruttivo che si può testimoniare operante ancora nel secondo dopoguerra, e nella operosissima, ricchissima e modernissima Gioia Tauro ancora tre o quattro anni fa, n.d.r.), e inserite dentro i muri, così che, quando vengono rimosse, i muri rimangono pieni di buchi, e mentre le pareti interne delle stanze vengono ricoperte da carta o pittura, nessuno si prende la briga di fare lo stesso all’esterno, anche solo per salvare le apparenze”. Dei briganti sa già il mito e la realtà. Rifiutando la scorta militare, che il governo borbonico riteneva indispensabile per la salvezza dei viandanti in Calabria. Dei bergamotti e dei limoni, le cui piantagioni evidentemente ha visitato, accompagnata con largo seguito e profusione di gentilezzze dal cavaliere Monsolini cui è stata raccomandata, sa tutto l’essenziale: profumi, disposizione, coltivazione, e il trattamento del prodotto. Bergamotti e limoni vengono mandati in succo, in barile, in Inghilterra “per la raffinazione” – uso che si può testimoniare attivo ancora negli anni 1950, i barili venivano accumulati sulle banchine del porto di Messina, abbastanza capace per le grandi navi da carico.
Gli agrumeti ha trovato disseminati di ville signorili. Il pomeriggio e la sera tenzoni poetiche si fanno tra giovani in onore delle due dame – di un componimento il volume propone la trascrizione (in italiano nell'originale? è di ortografia da manuale). Giovani poeti le omaggiano nella prima tratta del loro viaggio verso Nord, da Reggio a Villa.
Nulla di sbalorditivo ma un racconto breve, di un viaggio evidentemente durato poco, sbalorditivamente onesto.
L’unica cosa che si sa del viaggio è che durò tre mesi – mettendo assieme le tratte Londra-Livorno, Livorno-Napoli, Napoli-Palermo, e poi Napoli-Livorno, e Livorno-Londra. La parte in Calabria si può pensare al massino di un paio di settimane, ma la Calabria c’è.
Costantino dota il breve racconto di utili note, e lo fa precedere da un ritratto dell’autrice – anche se, dice, le notizie che la concernono sono scarne.
Emily Lowe, Donne indifese in Calabria, Rubbettino, pp. 69, ril. € 7,90





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