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Ecobusiness
Non è del 40 per cento, come anticipato dal
ministro dell’Innovazione Cingolani, ma del 50 l’aumento delle tariffe
di gas e elettricità l’1 ottobre. Più del doppio dell’aumento del 20 per cento
subito dimenticato ma che doveva scattare a luglio – il governo lo ha
fiscalizzato in parte, limitando gli aumenti al 9 per cento per l’elettricità e
al 15 per cento per il gas (è il prezzo della “materia energia”, che in bolletta
annega in mezzo a una decina di voci diverse, trasporti, oneri di sistema, Iva,
accise, probabilmente pro Calabria…).
È l’effetto dell’aumento del gas nelle
forniture europee, russe e mediorientali di gas. Il cui costo è passato dai 6
euro a megawattora di maggio 2020, in pieno blocco delle attività, a oltre 170 ieri 15 settembre – per l’Italia il
passaggio è stato da 22 a 180 euro.
L’Italia, malgrado la politica preveggente
di Eni-Snam, che ha praticamente imposto i consumi di gas in Italia, e
cinquant’anni fa, in Europa, ha ora la bolletta più cara, bisogna remunerare gli
importatori privati.
I costi della “materia energia” sono normalmente stabili – le variazioni, in più o in meno, sono di pochi punti percentuali.
Ora si sconta il blocco dell’attività un anno e mezzo fa, contro la ripresa in
corso a ritmi pre-covid, in Italia, in Europa e nel mondo.
Un terzo fattore del caro-energia è che
il gas, benché disponibile in grandissime quantità, è diventato scarso come come
per tutte le materie prime. La cui produzione era stata bloccata un anno e mezzo fa, e ora di colpo è in grande richiesta.
Il mondo fa ancora perno sulle miniere, sull’utilizzo dei materiali fossili.
Un peso, che si calcola pari a un quinto
dell’aumento, ha anche il rincaro degli Est, e cioè il costo dell’emissione di
CO2. Del “permesso” per l’immissione di CO2 – per la mancata riduzione dell’emissione
di CO2 in risposta ai regolamenti via via più restrittivi. Un costo che
dovrebbe esplodere ora con con l’obiettivo Ue di ridurre del 55 per cento le
emissioni di CO2 nel 2030. Il prezzo, nel 2020 in media di 25 euro per permesso, era passato ieri a 61 euro.
Incidono sul prezzo del megawattora anche
una serie di restrizioni all’approvvigionamento. La fuoriuscita dal mercato dei
produttori dell’Olanda. L’interruzione delle forniture di gas liquefatto, che gli
esportatori americani trovano più conveniente vendere in Asia. Norvegia e Russia
esportano sempre meno, malgrado abbiano riserve ingenti, per il mancato rinnovo
delle strutture di produzione e di trasporto, vecchie di quaranta e
cinquant’anni. L’Italia, che ne ha riserve enormi, limita fortemente la
produzione per timori ambientali.
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