Femminile, monacale
Volendo
costituirsi un catalogo solido di narrativa italiana, accanto a tutte le sue
già consolidate collane, la casa editrice di Eco e Elisabetta Sgarbi ha
confidato a Fausta Garavini il recupero dei racconti “dispersi” dell’autrice di
“Artemisia”. Sparsi fra giornali e riviste, e tralasciati dalla Banti nelle sue
raccolte di racconti, oppure riscritti, oppure semplicemente dimenticati. Un grosso
impegno, che Garavini esplica probabilmente al meglio nella ricerca.
Sicuramente nella contestualizzazione delle brevi narrative – una colonna e
mezza-due di giornale. In una con un profilo biografico di “Anna Banti”-Lucia
Lopresti sintetico ma pieno – un grande ritratto.
Nel
profilo che i racconti ripescati sembrano riflettere, è di un femminino costante
e stretto, quasi angusto. Algido anche – ci fu un periodo im cui l’ex ragazza
“dai capelli rossi e la pelle d’avorio” pensò di farsi monaca, dopo trent’anni
di matrimonio, con (l’algido?) Roberto Longhi. Anche Giulietta a Verona ama le
monache: muore perciò in tempo, la mattina delle nozze, per non finire “come le
altre”. È pure vero che, come si racconta nello stesso “Giulietta (e Romeo)”, “erano
tempi in cui le donne si contavano a serque, come le uova: una figlia o sei
figlie erano la stessa cosa quando il maschio mancava”, non arrivava.
Anna
Banti, Racconti ritrovati, La Nave
di Teseo, pp. 390 € 20
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