astolfo
Anglisieren – Termine in uso
in Germania per tutto il Settecento, per designare la recisione del muscolo depressore
della coda di un cavalo, lasciando in attività il muscolo elevatore, per avere
cavalli da parata con la coda in elevazione.
Boia – Un mestiere, tramandato spesso
da padre in figlio, come una qualsiasi specializzazione artigianale, ma non
onorevole. Doveva vestire di rosso, nell’esercizio delle sue funzioni, e vivere
altrimenti appartato. In chiesa doveva stare in fondo, e spesso gli era
rifiutata la comunione, i sacramenti.
Un
mestiere esclusivamente maschile. Ma il boia doveva avere un aiutante, detto “tirapiedi”.
E la donna poteva fare da “tirapiedi”. In Francia, dove le pene corporali contro
le donne dovevano essere inflitte da una dona, detta “bougrelle”, le bougrelle potevano fungere da “tirapiedi”.
Canicola – In Germania ha
una data – un periodo di tempo: si intendono “giorni della canicola” quelli che
vano dal 23 luglio al 23 agosto. Canicola è la stella più luminosa della
costellazione del Cane Maggiore, detta Sirio, che sorge e tramonta col sole nel
periodo più caldo dell’anno.
Carta – Si fabbricava dagli stracci. D
a ultimo col procedimento “olandese”, messo a punto in Olanda nel 1600: in una
vasca anulare di forma ovale un cilindro
munito di lame sfilacciava e raffinava gli stracci. Il procedimento olandese
dava una carta più bianca e più resistente., perché gli stracci venivano
sminuzzati invece che schiacciati. Ma
gli stracci erano scarsi – era l’epoca, e lo sarà ancora a lungo, in cui si puntava
sulla durata dei materiali invece che sulla rapida obsolescenza e il continuo
ricambio. Si fecero vari tentativi di
produrre carte da altri materiali. Finché, nel 1748, un tessitore sassone
depositò un brevetto per una pasta preparata d al legno.
Cavalli di Frisia – In tedesco è spanische Reiter-Werke, difesa usata per
la prima volta a fine Cinquecento per difendere la città di Groninga dagli
attacchi della cavalleria spagnola.
Cerauno – Era il
fulmine, secondo il Vocabolario della Crusca del 1728, in greco: “Cerauno si è
quella pietra, così dinominata in lingua Greca, ed in Latino è appellata
fulmine; questa pietra si cade dal cielo, imperciocchè si trova colà, dove gli
uomini sono fedìti dalla saetta folgore”. Lì dove il fulmine aveva colpito, si
rinveniva il cerauno, la pietra che cade dal cielo.
Elettricità – Fu agli inizi
uno strumento di tortura, sia la bottiglia di Leyda (1746) che la pila di Volta
(1799). La tortura era al tempo legale, come mezzo istruttorio a disposizione del
giudice, fino a tutto il Settecento. L’elettricità servì inizialmente come uno
dei “tormenti”, per indurre alla confessione (all’autoaccusa).
Fiera – Era un luogo di libera frequentazione,
un luogo e un tempo di massima libertà, di movimento e di azione. Non si
facevano arresti, né esecuzioni,
Idrofobia – La paura dell’acqua. La vecchia cura, drastica, si trova
nel “De Medicina” di Aulo Cornelio Celso – che collegava l’idrofobia alla rabbia:
buttare il paziente in acqua e lasciarcelo finché berrà, la paura cesserà
quando cesserà la sete.
Napoleone Luigi – Figlio di
Luigi Bonaparte, il fratello dissidente dell’imperatore, spesso in disaccordo
con lui, ha tentato di riprendersi il Regno dell’Etruria partendo da Bologna –
come già Murat da Pizzo? Vi accenna Francis Wey, “Scilla e Cariddi”, p. 75: “Non
è trascorso molto tempo (siamo nel 1840, n.d.r.) da quando il principe Luigi
Bonaparte l’ha emulato a Bologna nel modo più
fedele,
con un uguale numero di soldati e un insuccesso del tutto simile: basta
sostituire i nomi”. Ma Napoleone Luigi non fu giustiziato, non fu nemmeno preso
prigioniero. Partendo da Firenze, non da Bologna, alla volta
dell’Umbria, il 20 febbraio 1830, dopo un abboccamento con Ciro Menotti, accompagnato dal
fratello Luigi (il futuro Napoleone III), a Spoleto tentò una scaramuccia con
le truppe pontificie. Ma presto si accorse di essere isolato, tra i patrioti
repubblicani da un lato, e la Santa Sede e l’Austria dall’altra. Con i
napoleonidi, per giunta, tutti contro, timorosi dell’allarme suscitato nelle
cancellerie europee dall’eventualità di un ritorno della famiglia.
Napoleone
Luigi non desistette, chiese al papa con un proclama la rinuncia al dominio
pontificio. Ma la madre Ortensia, che si era subito mossa rincorrendo i due
figli, si rivolse al comandante della piazza pontificia di Ancona, generale Armandi,
che figurava essere uno dei capi della rivolta. Armandi reagì anch’egli
infastidito dalla presenza dei napoleonidi nella sommossa antipapalina, e allontanò i due fratelli verso Bologna. Da
dove Napoleone Luigi e Luigi partiranno poi per la Romagna, il vero campo della
rivolta. Qui però Napoloene Luigi morirà presto, a Forlì, il 17 marzo, di rosolia.
Morì tra voci di avvelenamento, ma il suo funerale fu l’occasione per una
grande manifestazione di patriottismo antipapale.
Lumini torinesi – Inventati nel
1779 dal medico torinese Luigi Peyla per l’illuminazione, consistevano in un tubetto di vetro contenente fosforo, che
rompendosi incendiava lo stoppino. La scoperta fu celebre per un breve tempo in
Europa. Nel 1784 lo scrittore e scienziato tedesco Georg Ch. Lichtenberg, la
analizzò, spiegandola al pubblico tedesco, con la nota con la nota “Über der
Peylasichen Lichten”.
Peloro – Capo Peloro,
alla punta dello Stretto di Messina venendo da Nord, si vuole così nominato da
Annibale in uno dei tentativi che fece, nei lunghi mesi trascorsi nel
Bruzio-Calabria, di passare in Sicilia. S i dice che, vedendosi come chiuso
dentro in lago - lo Stretto ad attraversarlo sembra un lazo, chiuso a Nord dal
capo Peloro, aggettante dalla Sicilia, e a Sud da Reggio – pensò di essere
stato tradito e fece buttare a mare il timoniere. S alvo accorgersi di avere
fatto un errore, uscendo dallo Stretto dopo qualche tempo, di deriva e di remi,
mentre il cadavere di Peloro galleggiava. E allora alla sua memoria fece erigere
un monumento sulla punta Est della Sicilia, dandole così il nome.
Carlo
Pisacane -
Carlo
Pisacane, il rivoluzionario pro e duro, ha una biografia romanzesca. Duca d San
Giovanni allievo della Nunziatella, l’accademia militare dei Borboni, alfiere
dell’esercito borbonico, supervisore della ferrovia Napoli-Caserta, 1840,
rinchiuso l’anno dopo nella fortezza di Civitella del Tronto per adulterio –
per avere indotto in adulterio Enrichetta Di Lorenzo sua cugina moglie del cugino
Dionisio Lazzari. Lascia il Regno borbonico nel 1847, insieme con Enrichetta,
incinta, dopo che l’anno prima Lazzari ha tentato di farli uccidere in un agguato
teatrale. Inseguiti dalla polizia borbonica, Carlo e Enrichetta finiscono prima
a Marsiglia, poi a Londra, infine a Parigi. Dove furono arrestati su
indicazione dell’ambasciata napoletana.
Fu un ano molto travagliato, il 1847. Enrichetta rifiutò i consigli
dell’ambasciatore napoletano, di ritornare al domicilio domestico, e rimase con
Carlo, I due furono presto scarcerati per un cavillo giuridico: l’adulterio era
punito in Francia su denuncia del coniuge legittimo e Lazzari non aveva
denunciato Enrichetta, per non venire collegato al tentativo di assassinio. I
due non avevano risorse, e Carlo si arruolò nella Legione Straniera, come
sottotenente. Subito inviato in Algeria, dove partecipò alle ultime operazioni
contro la rivolta dell’emiro Abdel Kader. Enrichetta, bloccata a Marsiglia dal
puerperio della figlia Carolina, che morirà dopo la nascita, lo raggiunse ad Algeri.
Pochi mesi dopo, avuta notizia dei moti del ’48, del giugno ‘48 a Parigi, Carlo
ormai convinto democratico.
Subito poi Carlo fu con Cattaneo a Milano, nei
moti contro l’Austria. Capitano della Quinta Compagnia Cacciatori dei Corpi
Volontari Lombardi, fu ferito a un braccio in uno scontro a Monte Nota nel territorio
di Tremosine, Fu quindi volontario, nello
stesso anno, nell’esercito piemontese nella Prima guerra d’Indipendenza, finita
con la sconfitta. Quindi, a marzo del ’49 è a Roma, con Mazzini, Saffi,
Garibaldi, Mameli, commissario di guerra e poi capo di stato maggiore dell’esercito
popolare. Enrichetta era “direttrice delle ambulanze”. Molto attiva nella battaglia
decisiva del Gianicolo, per curare i numerosi feriti – con molte altre dame,
tra cui Cristina Triulzi di Belgioioso. Arrestato a Castel Sant’Angelo, Carlo fu
presto liberato, e con Enrichetta ripresero l’esilio, di nuovo a Londra, via
Marsiglia.
È a Londra, in questo secondo soggiorno che Pisacane
matura l’idea socialista: la rivoluzione nazionale come esito della rivoluzione
sociale. Partendo dalla liberazione delle plebi, dal dominio feudale e postfeudale.
Un’altra ideologia nazionale, in dissidio da quella mazziniana. Anche per il
lato religioso, forte in Mazzini, indifferente in Pisacane, che anzi faceva
professione di ateismo: “L’Italia trionferà quando il contadino cangerà
spontaneamente la marra con il fucile”.
Nel 1853
è, con Enrichetta (che dà ala luce una seconda figlia, sopravvissuta, Silvia),
a Genova. Quindi a Torino. Sorvegliato ora dalla polizia piemontese, per il
socialismo, e per i contatti col rivoluzionario russo Herzen. Riprende i
contati con vecchi mazziniani, ex giovani patrioti come lui, Nicola Fabrizi,
Rosolino Pilo, Giovanni Nicotera e
altri, e progetta con loro l’insurrezione del Sud, in un anticipo dei Mille. In
principio anche il loro lo sbarco era previsto in Sicilia, che non aveva digerito
il ritorno dei Borbone, dopo l’esperienza costituzionale dell’interregno inglese.
Poi si decise per Napoli, sbarcando in un punto non controllato della costa, a
Sapri. Il paino doveva partire il 6 giugno 1857, ma fu rinviato perché Rosolino
Pilo, che aveva compiti di avanguardia, pese il carico di armi in mare. Il 25 giugno Pisacane s’imbarcò per la spedizione fallimentare - nelle settimane
intercorse era stato a Napoli, travestito da prete, per sondare gli umori. Uscendone
deluso.
astolfo@antiit.eu
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