La cultura rinacque a Squillace
Nello
stile agiografico che predilige, lo storico medievista prova a ricostruire vita
e opere di un personaggio tanto grande quanto pubblico, ma rimasto in sonno per
secoli. Per l’“età oscura”, come si suole dire, in cui visse? Con Roma regno
dei barbari? Per l’origine, e la fine, marginale, a Squillace in Calabria? Per
una disavvertenza della storiografia, a lungo laica? Per l’inesistenza, o
insufficienza, dilettantismo, di una storiografia locale? Stante anche lo stato
pietoso degli archivi, al di sotto di un certo parallelo. Fatto sta che Cassiodoro
è il fondatore, nientemeno, della cultura medievale. Ed è uno dei “padri
storici”, insieme con Benedetto da Norcia, del monachesimo occidentale – “Roma,
i barbari e il monachesimo” è il sottotitolo del volume di Cardini. Nonché scrittore,
in età, di “Varia”. Non libero (libertino) come sarà Eraamo, ma il genere, che
sarà degli “adagia”, lo ha avviato Cassiodoro. L’esperienza di governo e le
riflessioni letterarie raccogliendo, una volta abbandonati gli affari pubblici,
in una sorta di diario, che chiamò appunto “Variae”.
L’esperienza
monacale sperimentò e divulgò ritirandosi dagli affari pubblici nel 538, a conclusione
della guerra gotica portata contro Roma da Giustiniano, con la sconfitta del regno ostrogoto di cui era stato il
ministro, sotto Teodorico il Grande, Amalasunta, Atalarico e Teodato. Al paese
natale, Squillace, dove costituì un centro di creatività e diffusione di quella
che sarà la cultura medievale, chiamato Vivarium. Un centro non meno vivace del
coevo Montecassino, che ispirò e gesti per metà buona sua vita attiva, morendo
quasi centenario nel 580.
Franco
Cardini, Cassiodoro il Grande, Jaca
Book, remainders, pp. 171 € 7
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