Tropea
com’era nel febbraio-marzo del 1961 – con Catanzaro e Crotone. Al famoso
“affaccio” delle cittadina cosmopolita di oggi in fondo al Corso “gente di ogni
età se ne stava appoggiata all’inferriata in fila, gli uni accanto agli altri;
parlavano, fumavano, urinavano fra le sbarre formando col getto dell’urina un
grande arco” – la cosa “faceva parte della passeggiata serale”. Si rilegge
anche in controluce, nei tentativi che dichiara di capire. Tuti girano troppo
vestiti a marzo: un segno di distinzione? Non sa se per scherzo o sul serio –
per scherzo - gli viene da tutti raccomandato di non girare di notte, e
comunque armato di pistola. La gente usa passeggiare sul Corso, ma solo fino a
un certo punto, mai un passo più in là, nessuno oltrepassa il limite, per
nessunissimo motivo, e mai nelle stradine laterali, benché illuminate e vuote –
lui pensa a qualche sortilegio, ma è l’abitudine, nei paesi è forte. L’unico
albergo è “in costruzione”, anche se nessuno ci lavora: si affittano le camere
imbiancate a calce, con la scala senza protezione.
Lo
svizzero Raeber, autore di romanzi fantasiosi ma poco fortunati, ex direttore
della Scuola Svizzera di Roma nel 1951-52, quarantenne, reduce da un divorzio,
benché con figli, perché omosessuale, fa una gita a Tropea, Catanzaro e Crotone
perché ci sente ancora vivo il mito: la sensibilità e le pratiche rituali. Che
rintraccia, con aneddoti e considerazioni, brevi, in brevi capitoletti, nella
madonna, nelle Madonne. Le donne non ci sono per strada, se non per le
occorrenze quotidiane, nessuna donna entra mai in un bar, ma suppliscono le
Madonne: c’è il culto del femminile. Sotto la forma dell’amore (andare con le
“signorine” di fuori bordo “è un’altra cosa, non ha nulla a che vedere con
l’amore”) e della devozione - l’uomo, anche adulto, rientra a casa a una certa
ora, altrimenti la mamma si preoccupa, e non si fidanza se la fidanzata non è
approvata dalla mamma.
Mancava
probabilmente Raeber il culto della “mamma” , che alcuni anni prima Corrado
Alvaro aveva scoperto. Ma scrive bene, anche del niente, le sue tre città si
imprimono nella memoria, ritratte di giustezza nell’isolamento malgrado il
fervore di opere – allora nel Sud lo Stato si muoveva. La gentilezza senza
pretese. Tutti che parlano con tutti. Si bighellona al bar, senza dover consumare
– il padrone è il primo che un’ordinazione scomoda. “Un pranzo borghese, a
Catanzaro, è un piccolo capolavoro di
etnografia: la moglie giovane, disinvolta, informata, intelligente, arguta,
conversazionista, lasciata sola a casa e alla televisione, dal marito giovane ,
di giorno per il lavoro, la sera per il pranzo e le buffonate con gli amici,
testimone involontario un sorpresissimo svizzero.
Crotone
gli viene meglio, stimola il cacciatore di miti. La città di Hera e di Eracle,
che vinceva tutte le Olimpiadi e sconfiggeva tutti i nemici, a cominciare dalla
vicina Sibari. Con la favola vera di Capo Colonna: il re Lacinio, che aveva
paura, non senza ragione, di Eracle, cercò di cacciarlo dal suo paese
costruendo nell’attuale capo Colonna un tempio dedicato a Hera. Vide giusto:
Eracle, in odio alla matrigna, “alla vista del tempio abbandonò quel luogo”, e
poco distante, “com’era nel suo stile” e senza motivo, uccise un tale Crotone –
salvo pentirsene e profetizzare una città importante nel luogo della tomba del
malcapitato. Raeder sa raccontare anche l’inverosimile – la festa degli Alpini
al mare di Crotone, la “festa di san Martino”, santo dei cornuti, all’osteria
Aurora, l’Albergo Pitagora, ben finito e anzi di pretese a Crotone, che è un
bordello.
Il
germanista Teodoro Scamardi, che cura la traduzione, dà un’ampia presentazione
di Raeber. Su tutto, osserva, interessava Raeber il fatto religioso, del quale
in Calabria trovava tratti scoperti: “I tratti del Mezzogiorno che lo
interessano – l’arcaicità, la dimensione mitica, l’immanenza degli dei – si
presentano in Calabria in forma potenziata”. Con più accuratezza si direbbe che
“gli” si presentano – la Calabria purtroppo sfugge, è un melting-pot.
Kuno
Raeber, Calabria, appunti di viaggio,
Rubbettino, pp.128, ril. € 7,90
Lo svizzero Raeber, autore di romanzi fantasiosi ma poco fortunati, ex direttore della Scuola Svizzera di Roma nel 1951-52, quarantenne, reduce da un divorzio, benché con figli, perché omosessuale, fa una gita a Tropea, Catanzaro e Crotone perché ci sente ancora vivo il mito: la sensibilità e le pratiche rituali. Che rintraccia, con aneddoti e considerazioni, brevi, in brevi capitoletti, nella madonna, nelle Madonne. Le donne non ci sono per strada, se non per le occorrenze quotidiane, nessuna donna entra mai in un bar, ma suppliscono le Madonne: c’è il culto del femminile. Sotto la forma dell’amore (andare con le “signorine” di fuori bordo “è un’altra cosa, non ha nulla a che vedere con l’amore”) e della devozione - l’uomo, anche adulto, rientra a casa a una certa ora, altrimenti la mamma si preoccupa, e non si fidanza se la fidanzata non è approvata dalla mamma.
Mancava probabilmente Raeber il culto della “mamma” , che alcuni anni prima Corrado Alvaro aveva scoperto. Ma scrive bene, anche del niente, le sue tre città si imprimono nella memoria, ritratte di giustezza nell’isolamento malgrado il fervore di opere – allora nel Sud lo Stato si muoveva. La gentilezza senza pretese. Tutti che parlano con tutti. Si bighellona al bar, senza dover consumare – il padrone è il primo che un’ordinazione scomoda. “Un pranzo borghese, a Catanzaro, è un piccolo capolavoro di etnografia: la moglie giovane, disinvolta, informata, intelligente, arguta, conversazionista, lasciata sola a casa e alla televisione, dal marito giovane , di giorno per il lavoro, la sera per il pranzo e le buffonate con gli amici, testimone involontario un sorpresissimo svizzero.
Crotone gli viene meglio, stimola il cacciatore di miti. La città di Hera e di Eracle, che vinceva tutte le Olimpiadi e sconfiggeva tutti i nemici, a cominciare dalla vicina Sibari. Con la favola vera di Capo Colonna: il re Lacinio, che aveva paura, non senza ragione, di Eracle, cercò di cacciarlo dal suo paese costruendo nell’attuale capo Colonna un tempio dedicato a Hera. Vide giusto: Eracle, in odio alla matrigna, “alla vista del tempio abbandonò quel luogo”, e poco distante, “com’era nel suo stile” e senza motivo, uccise un tale Crotone – salvo pentirsene e profetizzare una città importante nel luogo della tomba del malcapitato. Raeder sa raccontare anche l’inverosimile – la festa degli Alpini al mare di Crotone, la “festa di san Martino”, santo dei cornuti, all’osteria Aurora, l’Albergo Pitagora, ben finito e anzi di pretese a Crotone, che è un bordello.
Il germanista Teodoro Scamardi, che cura la traduzione, dà un’ampia presentazione di Raeber. Su tutto, osserva, interessava Raeber il fatto religioso, del quale in Calabria trovava tratti scoperti: “I tratti del Mezzogiorno che lo interessano – l’arcaicità, la dimensione mitica, l’immanenza degli dei – si presentano in Calabria in forma potenziata”. Con più accuratezza si direbbe che “gli” si presentano – la Calabria purtroppo sfugge, è un melting-pot.
Kuno Raeber, Calabria, appunti di viaggio, Rubbettino, pp.128, ril. € 7,90
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