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La possessione del sesso
Adattato
da “Passione semplice”, dice il film, il racconto lungo di Annie Ernaux, 1991 –
“Passione semplice” è il titolo originale del film. Presentato a Cannes
l’altr’anno, con poco successo. Ma un racconto forte. Segnato forse nel film dalle immagini insistenti dei corpi nudi avvinghiati, in ogni possibile posizione, che però è
la sostanza del racconto originale, della passione scatenata, senza condizioni
e senza giustificazioni. Tra una scrittrice affermata e un russo più giovane di
cui lei niente sa, se non il nome, ammesso che sia quello vero – forse è una
spia, forse ha una moglie che non è sua moglie, forse ha un’altra amante.
Un
rapporto di dipendenza. Dalle telefonate di lui. Che arrivano a caso, il giorno
dopo o il mese dopo. E sempre rianimano il rapporto, lo accendono: lui viene
tra mezzora o fra tre giorni e questo basta, lei non farà che aspettarlo.
Una
storia di amour fou. Del desiderio,
senza ragioni e senza limiti. Una fascinazione. Che la scrittrice dirà nella
seconda redazione della storia dieci anni dopo, “Se perdre”, sempre
pretendendola autobiografica, l’irruzione dell’assoluto nella sua vita. Alla
soglia dei cinquant’anni, della morte del desiderio.
È su
questa seconda redazione in realtà che il film si dipana, non su “Passione
semplice”, che è invece un racconto quasi castigato. Danielle Arbid, la
sceneggiatrice e regista libanese di “Beyruth Hotel” e altri lungometraggi, attrice
in “Riparare i viventi”, segue pari pari le annotazioni di Ernaux. Sarà questa la forza segreta del film, saperlo una storia reale.
“Tutto
quel tempo”, scrive Ernaux in “Passione semplice”, “ho avuto l’impressione di
vivere la mia passione sul mondo romanzesco”. In “Perdersi” invece (“Se perdre”)
- dove pretende di raccontare la storia con le annotazione di diario tra l’ottobre
1988 e l’ottobre 1989, tra un viaggio ufficiale in Russia in qualità di scrittrice,
invitata per una serie di conferenze, con l’accompagnatore d’obbligo, col quale
avvia una relazione sessuale improvvisa a Leningrado in albergo, e prosegue con
lui tempestivamente incaricato all’ambasciata a Parigi per un anno – fa della
storia “una figura dell’assoluto, di ciò che suscita il terrore senza nome”. Una possessione, direbbe l’antropologo.
Danielle
Arbid, L’amante russo, Sky Cinema
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