venerdì 10 settembre 2021
La rivoluzione dell'euro - il lavoro è più povero
In una cultura che vive di celebrazioni, nessun accenno ai vent’anni, tra poche settimane, dell’euro, dell’entrata in funzione dell’euro come moneta di scambio quotidiano. Ci sarà un motivo. Stabilità monetaria massima - soldi a costo zero, quasi conviene indebitarsi. Ma per fare che? L’Europa, non solo l’Italia, è perplessa e depressa. Probabilmente perché l’euro ha comportato il più grosso – inimmaginabile - trasferimento di reddito della storia sociale, della sua parte documentabile, senza dirlo: dai percettori di reddito fisso, la metà o qualcosa di più della popolazione, ai produttori e fornitori di merci e servizi, dalla fabbrica automobilistica al fruttivendolo – negozianti, commercianti, ristoratori, baristi, macellai, droghieri, e intermediari di ogni genere, i vecchi, ora dominanti, ceti parassitari. E supermercati, centri commerciali. Si veda nel rapporto consumatori-commercianti: le sigarette da 5 mila lire a 5 euro, il caffè al banco da mille lire a duemila (un euro), un kg. di frutta da 2-3-4- mila lire a 2-3-4 euro, un kg. di pane, un litro di latte, la carne, il pesce, l’abbigliamento, la benzina, perfino le tariffe autostradali.
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