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L'alcol triste di F. S. Fitzgerald
Un
testo breve, una pagina della rivista, umoristico, e drammatico. Dal 1929 per
dieci anni l’autore di “Tenera è la notte” – che pubblicherà solo nel 1934 –
scrisse molti “pezzi” per la rivista newyorchese, pezzi brevi in prevalenza leggeri,
o occasionali, di cose viste. Questo è il primo.
Già
autore di quatro romanzi, compresi “”I belli e i dannati” e un piccolo libro
intitolato “Il grande Gatsby”, Fitzgerald fa al debutto una breve storia delle
sue bevute: “1913, i provocanti whisky Canadian Club al Susquehanna di
Hackensack (F.S.F. aveva 17 anni, era minorenne, n.d.r.) – 1914, il Great Western
Champagne alla Trent House in Trenton – 1915, il Borgogna frizzantino, il whisky puro, poi gli Stinger…. Fino al 1929. “La
sensazione che tutto il liquore è stato bevuto e tutto quello che può fare per
qualcuno è stato sperimentato, e tuttavia – «Garçon (in francese, n.d.r..), uno
Chablis Mouton1902, e per cominciare un piccola caraffa di vino rosé. Sì –
grazie»”.
Un
ricordo che appare strano per un autore non ancora quarantenne. Che non
indulgeva nell’autofiction – se non attraverso i modi e vezzi di classe e
sociali. Ma una testimonianza, e come una premonizione: F. S. Fitzgerald già
aveva problemi di alcolismo.
La
lettura è svelta e allegra, ma un sospetto di malinconia è insopprimbile.
F.Scott
Fitzgerald, A Short Autobiography,
“The New Yorker”, free online
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