martedì 21 settembre 2021

Marx non è morto

Sorprendente riproposta, in piena globalizzazione e malgrado la pandemia, di Marx, seppure riletto criticamente da Berlin, anche lui un altro classico, ma, a questo punto, del pensiero liberale. Perché Marx resta, al fondo, un liberale – certo non borghese: un  libertario? Insomma, come avrebe detto Derrida dopo il Muro, Marx resta “unheimlich”, perturbante.
La quarta edizione che si ripropone, pubblicata da Berlin nel 1978, a quarant’anni dalla prima, 1939, dimezzata per ragioni editoriali, benché ancora pingue, tiene conto, spiega Berlin, del vasto dibattito sul marxismo che la crescita sovietica nel dopoguerra ha propiziato. Lo stesso punto di vista di Berlin è cambiato, va aggiunto: da una posizione “sdraiata”, lukáksiana, “forse troppo profondamente influenzata dalle interpretazioni classiche di Engels, Plekhanov, Mehring”, a una più libera. Elaborata con l’accesso e l’anamnesi del personaggio. In un quadro diverso del mondo, dell’Europa, nel secondo dopoguerra: col sovietismo (“marxismo-leninismo”) al potere in mezzo continente (e di tutto il dibattito di idee – insomma, diciamo al 90 per cento), mentre prima della guerra dominante era Hitler.
Berlin non si lascia prendere la mano dalla guerra fredda - dalla polemica anti-sovietica - ma la revisione indirizza con chiarezza fin dalla nuova introduzione. L’incipit dell’opera lascia inalterato: “Nessun pensatore dell’Ottocento ha avuto un’influenza così diretta, meditata e profonda sull’umanità quanto quella esercitata da Karl Marx”. Lo svolgimento, a partire dalla nuova introduzione, è più riflessivo. E molto centrato sul personaggio, più che sull’opera: il suo “Karl Marx” ultima edizione è una biografia politica, più che una teoria critica del marxismo.
Di un economista, per cominciare, per caso. Dopo che nel 1843, alla direzione della “Rheinische Zeitung” nelle ultime settimane della breve vita del giornale, in una controversia col governo prussiano su una questione di tasse, capì che non ne capiva nulla. Ma anche politicamente, “gli mancavano totalmente le qualità di un grande leader o agitatore politico; non era un pubblicista di genio, come il democratico russo Alexander Herzen, né possedeva la meravigliosa eloquenza di Bakunin; la maggior parte dela sua vita lavorativa spese in relativa oscurità a Londra, al suo tavolo nella sala di lettura del British Museum”. Per temperamento, formazione, e programma non era un visionario né un profeta: maturò le sue convinzioni socialiste progressivamente, a partire dal 1847. Sempre contrario ai “metodi cospirativi, che riteneva obsoleti e inefficaci”.
Molto intellettuale, per nulla sentimentale, fermo negli odi come nelle amicizie, sospettoso anche, e brusco, Marx è “un dogmatico e sentenzioso maestro di scuola tedesco”, ma scrive “con lentezza e fatica, come spesso accade ai pensatori rapidi e fertili”. Lui stesso si è paragonato una volta all’eroe del “Capolavoro sconosciuto”, il racconto di Balzac – il pittore che non riusciva a dipingere il quadro che vedeva. “Per tutta la vita isolato fra i rivoluzionari dei suoi tempi”, gli altri socialisti ritenendo per lo più “stupidi o sicofanti”. Come tutti i rivouzionari, insomma, presi dall’utopia, intrattabile. Ma con una differenza: il rivoluzionario, di deriva inevitabilmente giacobina, presume di sé, ha fiducia cieca nelle possibilità dell’individuo, Marx invece, assoluta novità, cerca le “leggi”, delle azioni e degli eventi.
Molto lavoro è dedicato alla ricerca delle “fonti dirette” di “ogni singola dottrina sostenuta da Marx”: Ma con l’avvertenza che “non c’era carenza di teorie sociali nel Settecento”. Come a dire: le “fonti” non portano a niente (ma Berlin stesso vi s’immerge).
L’introduzione termina con un quadro sorprendente dell’Ottocento – Berlin ha mente politica, ma di più è ottimo scrittore: “In  un’epoca che distruggeva i suoi avversari con metodi non meno efficienti per essere composti e lenti, che forzarono Carlyle e Schopenhauer a cercare rifugio in civiltà remote o in un passato idealizzato, e condusse il suo arci-nemico Nietzsche all’isteria e alla follia, solo Marx rimase sicuro e formidabile. Come un antico profeta impegnato in un compito imposto su di lui dal cielo…” - anche se, opina Berlin, soffriva di “un latente rifiuto del fatto di essere nato ebreo”: amichevole con gli amici, ma un po’ misantropo, come uno che vive “in un mondo ostile e volgare”.
Isaiah Berlin, Karl Marx, Adelphi, pp. 400 € 28

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