Perché l’Occidente sta con i sunniti
Si rinnova a ogni occasione, col Kossovo
contro la Serbia, con le “primavere arabe”, fino alla castrazione in Libia, col
riconoscimento di Israele nella penisola arabica e in Nord Africa, e ora col
ritiro dall’Afghanistan, una sorta di schieramento “occidentale”, degli Stati
Uniti, con l’Europa al carro, accanto all’islam sunnita e in suo favore. Uno
schieramento non dichiarato ma con costanza applicato, anche contro ogni
interesse: per esempio in Kossovo e in Libia, e ora in Afghanistan. Anche a
costo di coprirne le rigidezze (la legge islamica, che tanto nuoce agli affari,
la condizione della donna, la lealtà nei rapporti internazionali). Uno
schieramento arrivato fino alla castrazione in Libia (che non può essere un capolavoro
di incapacità: è stata ed è una vera e propria autocastrazione, e non si vede a
beneficio di chi, se non dei manovratori sunniti, Qatar, Turchia), in Irak, e
ora in Afghanistan, col lungo negoziato e le larghe concessioni, senza
contropartita, degli Usa ai Talebani. Auspice l’emiro del Qatar a Doha, il suo amico Erdogan
in Turchia, e non contrario il nemico dell’emiro, il re saudita.
Sosteniamo peraltro, appunto, l’emiro
del Qatar come il suo nemico, il re dell’Arabia Saudita. E allora, quale è il
minimo comune denominatore? La sunna, il sunnismo. Perché?
È Israele,
che ha Hezbollah, cioè l’Iran sciita, nemico del sunnismo, vicino di casa in
Libano? E la Bomba Iran sulla testa? Sono i potentati della penisola arabica,
che sono in teoria i primi destinatari del fondamentalismo arabo, per ricchezza
personale eccessiva (sono Stati patrimoniali, di famiglie cioè padrone degli
uomini e delle risorse) e di nessuna moralità, che trovano conveniente deviare
il terrorismo altrove, con tanti lutti, in Europa, in Russia, negli Stati Uniti
– quindici dei diciotto attentatori dell’11 Settembre sotto processo negli Usa
sono sauditi? Se c’è una strategia politica dietro non è dato vederlo. Ma nessuno,
anche, si ingegna a spiegarla. È un arcano?
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