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Bisogni – La moltiplicazione
artificiosa dei bisogni distrugge e non libera – è una vera e propria
regressione culturale. “Appiattire i bisogni” era un dettato egualitaristico,
in certa misura ache democratico. E ambientalista. Ingigantirli è falsamente
democratico, e sicuramente distruttivo degli equilibri ambientali: si
moltiplicano consumi inutili, a un costo indiretto per tutti, e più per i meno
abbienti – il ricco può rigenerarsi a volontà in ambiente ancora sano, comunque
meno infetto. E il futuro è dei poveri – la speranza.
Capitalismo – Si può pensarlo come il meccanismo antireligioso
per eccellenza. È l’idea di Baudelaire, “Mon coeur mis à nu”, 1862-64, che in America,
nella democrazia e nel mondo moderno “il progresso si misura non con l’uso
dell’illuminazione a gas nelle strade, ma con la sparizione dei segni del
peccato originale”. In un mondo delle cose.
Il capitalismo è
il razionalismo, al di sotto degli abusi, che ne sono la cresta: si è
appropriato i suoi meccanismi più affinati, come il principio del minimo sforzo
(utilitarismo) per evitare gli sprechi, e la grande utopia che il bene del
singolo è il bene di tutti (Rousseau come Adam Smith!).
Tutto ciò porta alla
fine della religione? Non necessariamente: il mercato perfetto è solo un
modello, forse una tendenza. Ma è indubbio che sposta l’attenzione sulla
tecnica (la produzione) e la società, trascurando, se non il peccato, il
divino. Il Novecento e la civiltà dei consumi, raddoppiati se si può nel
Millennio nuovo, hanno dato ampiamente ragione a Baudelaire.
Che non sia il senso
di colpa per questa oggettiva divaricazione a portare i protestanti a mescolare
Dio e la grazia con gli affari? I cattolici, avendo la confessione, possono
prosperare senza bestemmiare. Se il capitalismo è peccato, i calvinisti peccano
allora due volte, i cattolici una. Max Weber andrebbe riscritto una seconda
volta – la prima dovendo servire ad allargare la nozione di pietismo,
mettendoci dentro Milano e i due Borromeo, all’origine della seconda, e
duratura, ondata del capitalismo italiano, col pietismo lombardo, dal prestito
al “lavorerio”.
È un sistema
aperto, ma entro le regole del gioco. Cioè dentro il sistema di governo established, degli interessi costituiti.
Un sistema abbastanza liberale, nel senso di flessibile. Che si conforma
(adatta, rinnova) meglio di ogni altro sistema di governo, oligopolista o
totalitario, ma non realmente aperto. Non è l’hobbesiano “homo homini lupus” se
non nel senso che chi comanda impone in definitiva la sua legge – legge e non
arbitrio, certo, ma sempre comando è. È una monarchia e non n feudalesimo, un
sistema di bande armate. Contro queste è anzi inflessibile: i casi di Gardini e
Berlusconi da una parte, e di Scalfari-Caracciolo, De Benedetti, Rovelli
dall’altra. La mano invisibile è quella di un ordine prestabilito, aperto a
rinnovarsi nele sue componenti, ma non continuamente rivoluzionato, anzi
stabile.
A proposito di
capitalismo o calvinismo, o come va letto Weber: i puritani di Salem scatenano
la caccia alla streghe per colpire i ceti mercantili (Craveri, “Santi e
streghe”, 58): “Non senza ragione K. Marx (‘Capitale’, I, 818) fa osservare che
la persecuzione alle streghe sparì quando la costituzione el capitale bancario
fece incominciare la lotta, con impiccagione, contro i falsificatori di
moneta”.
Denaro
–
È Dio. Un assunto non blasfematorio ma filosofico, di Marx indirettamente, di
Simmel propriamente, e successivi. Di più, il denaro è Dio: “Il denaro, in quanto
è il mezzo assoluto, e per questo il punto che unisce infinite serie di fini,
ha, nella sua forma psicologica,importanti connessioni proprio con l’immagine
di Dio”. Per la “fiducia” – il tertium comparationis , la qualtià che
le due entità hanno in comune, rafforzando l’analogia. Come poi, 1923, in
Musil, “L’uomo tedesco come sintomo”. O, trent’anni dopo Simmel, in Valéry, “La
politica del pensiero” (in “La crisi del pensiero”): la fede, la fiducia “rende
possibile la diseguaglianza all’interno degli scambi; scambi di parole o
scritture con mercanzie; scambio del tieni
con l’avrai; scambio del presente e
della sicurezza con il futuro e l’incertezza; scambio della fiducia con
l’obbedienza; dell’entusiasmo con la
rinuncia”. Si capitalizza la fede o fiducia del capitalismo come religione –
ritorno a Baudelaire?
Genio – Si caratterizza per
l’originalità, cioè per conoscere cose (relazioni, azioni, conseguenze, esiti…)
di cui non ha fatto (maturato) l’esperienza. Per grazia infusa? Per
conformazione fisica-fisiologica? Per imprinting no, altrimenti sarebbe
patrilineare, da albo d’oro della genialità – e d’altronde, la cosa con cui il
genio sicuramente non ha a che spartire è l’ereditarietà.
Heidegger – La filosofia Jean Paul
vuole poetica in una delle note
semiserie, la 70, al suo “Viaggio a Flâtz”, ma con limiti per la poesia:
“La poesia si vesta di filosofia soltanto come questa di quella”.
E di più per la
filosofia: “Ma la filosofia in prosa poetica somiglia a quei bicchieri da
mescita i quali, cinti con ghirigori colorati, disturbano il godimento della
bevanda e del manufatto insieme, che
spesso si coprono spiacevolmente”.
Non si ricorda che
Heidegger è poeta, pubblicò curate raccolte, a partire da Lo splendore morente, esordio crepuscolare, teorico del “pensiero
poetante”. Il “pensiero poetante” è da professor Pascoli devoto, che ha avuto
anche lui vita segreta, sebbene da scapolo, o di uno Stil Novo che fosse
carnale, appassionato e lirico. “Weg
und Waage,\Steg und Sage\finden sich in einen Gang”. È Palazzeschi? “Geh und trage\ Fehl und Frage\deinen einen
Pfad entlang”. Bang,
bang è l’esperienza del pensare, ingegnosa, di classici trochei, con rime,
paronomasie e allitterazioni. Intraducibile, irriducibile: l’essere non è
eccetto in Heidegger, ecco l’ontologia fondamentale. E rovescia Descartes, si
capisce, il quale disse “dubito, ergo sum”,
il concetto di dubbio implicando qualcosa che non è in dubbio – Descartes cioè
non lo ha detto, ma è quello che voleva dire. “Passo e pesa\sasso e ascesa\si
ritrovano allo stesso viaggio.\Va e palesa\Squasso e intesa\seguitando il tuo
passaggio” - oscenità solitaria: va e ritorna, lungo l’unico fico lingam?
“Che filosofo
buffon!\In che misero grotton\Sempre in gran meditazion\ vaneggiando se ne
sta”, gorgheggerebbe Ofelia, “La ra la ra la ra”, che Salieri con l’abate Casti
fanno allegra - la Nancy Storace procace che Mozart non poté avere - ne La grotta di Trofonio, in cui il
filosofo per magia trasforma il carattere di chi vi penetra. Un nuovo genere sarebbe
da proporre in catalogo ai sexy shop,
se ce ne sono online: la penetrazione filosofica: l’Eingeworfen
che sta con la moglie, alla quale fa fare i figli, mentre si scopa le allieve,
meglio se ebree, per un piacere triplamente interdetto.
Istinto – Resta impregiudicato
se è un fatto nervoso, di costituzione fisica, o un imprinting, l’esito di esperienze
accumulate in famiglia – o se più dell’uno o più dell’altro, e in che
proporzione. Ma è una forma di conoscenza e azione forte, se non dominante.
Mondo – È la proiezione
delle cose, dell’essere? Senza la quale il mondo, un mondo, non esiste? No, il
mondo esiste, uomo compreso, ma per dirlo gli mettiamo delle etichette – le
parole. Non per lui mondo, quanto per noi, per capirci di cosa stiamo parlando.
È però vero che senza di esse, le parole, il “mondo” non esisterebbe.
Starebbe lì, inerte. La “rappresentazione del contenuto”, le parole, sarà pure
di “schemi”, ma “universalmente validi”, e senza i quali “avremmo soltanto cose
singole, ma non un mondo, e dunque
neppure un mondo” - Simmel, “Intuizione della vita. Quattro capitoli
metafisici”, 24.
Magari bello e suadente, o irrequieto e minaccioso, ma irrelato,
estraneo. Il senso e la realtà sono due territori (due lingue?) diversi. O non
c’è realtà senza senso – a partire dall’ameba.
Uguaglianza – “L’uguaglianza
tra individui si può pensare come possibile al massimo in ambito economico; in
tutti gli altri ambiti, intellettuale, sentimentale, caratteriologico,
estetico, etico e così via, il livellamento, anche solo quello degli ‘strumenti
di lavoro’, risulterebbe fin da principio privo di prospettiva”, G. Simmel,
“Filosofia del lavoro”, Mimesis, p. 78. Ma anche in campo economico, “nella
condizione attuale” l’uguaglianza richiederebbe un riequilibrio politico-istituzionale.
La “condizione attuale” è “il diritto ereditario, la differenza di
classe, la forza di accumulazione del capitale e tutte le possibili opportunità
della congiuntura economica, (che) generano differenze assai più grandi di
quelle corrispondenti alle differenze nel comportamento individuale”, id., p.79
zeulig@antiit.eu
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