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A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (472)
Giuseppe Leuzzi
Giuseppe Berto,
volontario in camicia nera in Libia nel 1942, nelle settimane di Alamein, trova nel suo battaglione
molti “complementi”, militi cioè arruolati: “Si trovano in Africa da appena un
anno, sono brava gente, tutt’altro che bellicosi, e volontari per modo di dire.
Sono in gran parte braccianti siciliani e calabresi, con moglie e figli a casa,
arruolati con un trucco”: disoccupati, che il federale ha convinto ad arruolarsi
con la promessa di un lavoro – per magnificare la fede fascista nel suo distretto.
Questi “complementi”,
aggiunge Berto, “non è detto che siano dei cattivi soldati”, anzi, sono
migliori degli anziani, “antemarcia” convinti. “Certo, desidererebbero tornarsene
a casa, magari a mangiare pane e peperoni”, ma questo non essendo possibile si
adattano: “Appena ricevuta la paga spediscono il vaglia a casa”. La paga, cioè
il “soldo” militare, pochi centesimi al giorno.
Anche Berto trova in questi
“complementi” siciliani e calabresi al fronte in Africa un’attitudine alla
celia, malgrado il rischio di morte improvvisa, o di sfacelo fisico, tra
granate e schegge, da terra e dall’aria. Allo scherzo, alla divagazione – quello
che in calabrese si dice “zannella”. Ne ricava la lezione, che validerà ancora
vent’anni dopo, autore di successo in tempo di pace, che è “l’unica via per sfuggire alla paralisi
della nevrosi”.
In
un’intemerata contro Roma sul “Corriere
della sera”, la solita solfa di quant’è bella Milano, il giornalista Segantini
può permettersi di dire: “In alcune Regioni del Sud ci sono più discariche che
Comuni”. Tutto si può dire?
Si fa il
quadro a fine settimana e si dà l’Italia in ritardo sull’obbiettivo di almeno
una prima vaccinazione al 90 per cento entro novembre – la media è all’86 per
cento. Dando la colpa a tre regioni meridionali, Sicilia, Calabria e Campania,
ferme attorno all’80 per cento. Senza dire che hanno i vaccini contati e in
ritardo.
Più indietro
di tutti sui vaccini sono Trieste e Bolzano. Dove le dosi ce le hanno ma non le
usano. E questa sì che sarebbe una notizia. Ma la Mitteleuropa non “fa notizia”
in negativo, solo il Sud può “farla”. Anche se “basta la parola”, ed è detto
tutto.
Vissi d’aria
Nord e Sud,
la tecnica e la cultura? La ricchezza e la povertà? Nella profusa conversazione
con Umberto Eco in difesa del libro, “Non sperate di sbarazzarvi del libro”, lo
sceneggiatore francese Jean-Claude Carrière, storico della stupidaggine,
arrivati a “Cuneo”, la Cuneo delle vecchie barzellette, osserva: “Cuneo è al
nord dell’Italia. Ho l’impressione che per ogni popolo le persone molto stupide
sono sempre al Nord”. Eco spiega così l’impressione: “Beninteso, perché è al Nord
che si trovano più persone che soffrono di gozzo, è al Nord che ci sono le
montagne che simboleggiano l’isolamento, è ancora dal Nord che si presentavano
i barbari per irrompere sulle nostre città. È la vendetta della gente del Sud
che ha meno denaro, che è tecnicamente meno sviluppata”.
Poi Eco aggiunge:
“La gente del Sud ha sempre rimproverato a quella del Nord di mancare di cultura.
La cutura è talvolta l’ultimo baluardo della frustrazione tecnologica.”.
È sempre Otello
Profazio, “ ‘cca ‘ndavimu l’aria” – sia pure musicale. Cultura è un po’ troppo:
vuole studio, applicazione, e fiducia, o rispetto degli altri. Senza, resta l’aria
– finché sarà respirabile.
Il luogo della creazione
Il Sud come
luogo della creatività prospetta Rilke nella corrispondenza intima con la
pianista Magda von Hattingberg, il Sud Italia e il Sud Europa: la Sicilia,
Genova, Firenze, Verona, Roma, Capri, Duino, le traduzioni da Michelangelo,
l’Andalusia (Ronda, Siviglia, Condoba), Toledo, l’Egitto. La Sfinge al Cairo,
la sera al tramonto e alla luce lunare, in solitudine, astraendo dalla massa turistica,
è esperienza decisiva per sbloccarne la vena inaridita – l’effetto saranno le
“Elegie di Duino”. O: “Quando mi ricordo della violenza immediata scatenata da
qualche frammento di musica antica, come ne ho potuto ascoltare in Italia, in
Spagna, o al Sud della Russia”.
Violenza,
certo, di poeta. Di musiche che ora si rubricano, alle università del Sud
Italia, come ballo dei mafiosi - i mafiosi ballano, come i topi? Come tutto del
resto si rubrica mafioso, il ballo come il cibo, il ghiro dopo la capra, o l’abbacchio,
e l’amore filiale. E se il male del Sud fossero i Carabinieri e i Procuratori
della Repubblica, che invece di arrestare i malviventi indulgono al
sociologismo? La rete sottile, vieta ma salda, di una sorta di “male
istituzionale”?
La primavera
è a Sud: “La primavera che più sento è quella conosciuta nel Sud
dell’Italia, e quella davanti a cui mi sono trovato, giusto un anno fa, nelle
montagne a sud della Spagna, immerso in sensazioni indicibili”. Oppure, in
città, solo a Roma: “La primavera in campagna è leggiadra, ma la primavera in
città!”, come a dire che disgrazia. Eccetto che a Roma: la primavera “Roma se
la serra al petto, Roma è emozionata, Roma ne fa una festa, Roma, quando essa
arriva attraverso la campagna già stanca per il turbinio di sensazioni,
Roma l’accoglie come il padre il figliuol prodigo” – non una grande
similitudine, ma l’intento è esornativo. Ma pure l’inverno è memorabile: a Capri,
dove ha trascorso alcuni mesi tra 1906 e 1907, ha “accumulato immagini” di cui
ha “vissuto per molti anni”.
Il Sud ha
anche un effetto terapeutico sulle nevrosi del poeta: “Negli ultimi difficili
anni sono stato due o tre volte sul punto di sottopormi ad analisi, presso
questo mio amico (Victor Emil von Gelbshattel, n.d.r.), o presso lo stesso
Freud; infine, nell’autunno del 1912, ero di fronte ad un bivio: analisi o
viaggio in Spagna. Sai che ho scelto il viaggio”. Che si è rivelato un paradiso:
a Ronda, “una piccola cittadina spagnola, non lontana da Gibilterra”, che
ricorda “incomparabile, era l’Antico Testamento dipinto con tutta la ricchezza
dell’immaginazione”, ha trascorso “notti d’una intensità inaudita”, sotto un
cielo che di continuo si apre - “il cielo aveva qualcosa di grandioso, e
grandiosa era l’espressione che l’essenza della terra riceveva dalle ombre
delle nuvole…”.
Sud è stato
per molto tempo un riferimento spendibile, e anzi un blasone, quasi snobistico
- la primavera nelle montagne in Spagna Rilke non aveva bisogno di specificare
“a sud della Spagna”. Il Sud è servito a mezza Germania per raffinarsi, in
poesia e in prosa, nel primo Novecento: Rilke, Hofmannstahl, George, Trakl, Benjamin, Jünger, fino a Ingeborg
Bachmann.
Sicilia
Si fa
meraviglie di Manlio Messina, assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacoli,
settore clientelare per eccellenza, dove anche si spende molto, che ha
denunciato chi intendeva corromperlo. Come un’eccezione, una rara avis. Mentre
è normale, l’incorruttibilità dell’uomo di diritto, nella pratica isolana. La
mafia non è corruzione, è minaccia.
Raccontando
di Pippinu ‘u Lombarduu, nelle sue cronache di Sicilia, “Le parole sono pietre”,
Carlo Levi dice che il maestro mlanese diventato capo brigante in Sicilia al
processo nel 1860 si vendicò rivelando i suoi contatti con la Polizia e le autorità.
Parlò, dice, perché non essendo isolano non si sentiva obbligato dall’omertà.
Ma non c’è di
più facondi – Sciascia è un’eccezione – dei siciliani. Di cui si vogliono le
labbra murate dall’omertà. Mentre sono chiacchieroni e facili accusatori, non
solo dei potenti, come usa in tutta Italia, anche della povera gente, nonché
dei parenti e degli stessi amici. Per non dire delle lettere anonime – lo stesso
Sciascia non poté non rilevarle.
È bizzarro,
guardando l’isola da remoto, notarne tante caratteristiche contrarie alla fama
corrente. Malgrado il tanto, perfino eccessivo, sicilianismo, parlare di e
sulla Sicilia come di un mondo a parte, e la imperdibile sicilutidine. Che non
scalfiscono gli stereotipi. Sono costruiti anch’essi, sicilianismo e
sicilutidine, sugli stereotipi?
Oscar Farinetti
è entusiasta, imprenditore del cibo, del Sud – “vendendo la polenta non si va
da nessuna parte”. Ma non sopporto più, dice, “di sentirmi dire che la colpa
dei loro guai è dei piemontesi”. E mette a segno due ganci. “Con le colpe degli
altri non si va da nessuna parte” è uno. L’altro: “In Sicilia ci sono più di
1.500 chilometri di costa, tra le più belle del mondo. Quella, Garibaldi non l’ha
portata via. In Romagna la costa non è lunga più di cento chilometri e non è la
più bella del mondo”.
Calabro
Cheese, la recente acquisizione americana di Granarolo, ha dietro la vicenda di
una diversa emigrazione. Come Commisso, il patron
della Fiorentina (dopo averci provato con il Milan), emigrato dalla Calabria
per creare Mediacom, quinto operatore tv via cavo negli Usa, Giuseppe Calabrò,
americanizzato Joseph Calabro, è partito da Graniti, sopra Taormina, nel 1948,
laureato in Matematica e Fisica, dopo aver fatto la guerra come sottotenente, e
ha creato un piccolo impero con la semplice idea di importare formaggi
italiani. L’emigrazione come ricerca di spazi, di mercati.
leuzzi@antiit.eu
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