lunedì 25 ottobre 2021

Cronache dell’altro mondo globali (146)

“Preoccuparsi del declino americano è la cometa di Halley della riflessione politica, sempre in orbita e ritornante” – così l’“Economist”, presentando l’edizione speciale in edicola sul futuro della pax americana, del potere americano. Oggi è diverso? “Le domande sul potere americano nei confronti dell’Unione Sovietica o dell’economia giapponese sono evolute a sfide più amorfe: la Cina, il cambiamento climatico, il sovradimensionamento imperiale, e la polarizzazione interna”.
A ridosso del ritiro dall’Afghanistan il settimanale ha sentito alcuni commentatori variamente illustri. Anche avversi. La risposta è che l’America è sempre “forte abbastanza per progettare il potere globalmente”. Ma deve superare le divisioni interne. Questa è precisamente la risposta di Francis Fukuyama. E più o meno degli antipatizzanti Arundhati Roy, la scrittrice anglo-indiana, e Noam Chomsky.
Il linguista emerito Chomsky, da sempre ostile alla politica imperiale americana, dice gli Stati Uniti senza rivali per forza economica e politica, “con conseguenze terribili per il mondo”.
John Bolton, l’ex consulente della National Security Agency, spiega che nuove alleanze sono in corso per contrastare la minaccia cinese.
Il cino-americano Minxin Pei, scienziato politico di Shangai, ora allo Hudson Institute, spiega che la Cina continuerà a crescere per qualche tempo, ma affronta ostacoli indilazionabili: l’invecchiamento della popolazione e l’assetto politico, che non potrà essere il duro regime attuale.

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