giovedì 14 ottobre 2021

Il mondo com'è (433)

astolfo


San Cromazio – Il vescovo di Aquileia fra 300 e 400, forse originario di Spagna, amico di san Gerolamo, impegnato contro l’arianesimo, è all’origine di riti “asiatici” (ebrei, egiziani) entrati nel cerimoniale della chiesa di Roma. Il rito pre-battesimale della lavanda dei piedi, ora rito del Giovedì Santo. La Pasqua come rito di Passione e di Liberazione, come nella Pesah ebraica. Il simbolismo animale dei quattro evangelisti. La croce di san Cromazio, adottata come logo di Cristo, era il simbolo egiziano della vita: è l’ “albero della vita” di cui in san Giovanni nell’“Apocalisse”: “Da una parte e dall’altra del fiume si trova l’albero della vita che dà dodici frutti per ogni mese, e le foglie dell’albero per la guarigione delle nazioni”.
 
Egeo
- La Turchia che vuole le acque territoriali fin dentro la Grecia ripete la vecchia politica dell’impero persiano, che portò a un’ostilità di secoli con Atene, Sparta e gli altri potentati ellenici.
 
Longitudine – È stata a lungo discussa come problema dirimente delle sfere di influenza coloniale. Il problema che sarà detto, dopo che a metà Ottocento verrà adottato come riferimento orario nel mondo il meridiano di Greenwich, dell’antimeridiano di Greenwich.
Wikipedia lo sintetizza credibilmente: “In passato la latitudine in mare poteva essere calcolata abbastanza facilmente; ma la longitudine sembrava impraticabile. Il problema era assai grave per la navigazione d’altura, allora del tutto incerta e rischiosa e, come è facile aspettarsi, questa situazione di incertezza e di pericolosità era particolarmente sofferta dagli inglesi che allora dominavano i mari. Nel 1714 il Parlamento inglese con il Longitude Act diede vita ad un’apposita Commissione per la Longitudine con il compito di assegnare un enorme premio a chiunque fosse stato in grado di inventare un metodo sicuro ed affidabile per calcolare la misura della longitudine
”.

In precedenza, tra i tanti metodi tentati ci fu quello della “polvere di simpatia”: “Il metodo per la misurazione che si rifaceva alle proprietà della polvere di simpatia consisteva nel prendere un cane, procurargli una piaga in modo che rimanesse sempre aperta e imbarcarlo su una nave. Ad un’ora concordata, per esempio a mezzanotte, nel porto da dove era salpata la nave si spargeva una sostanza irritante sulla lama insanguinata che aveva ferito l’animale con l’effetto di provocare dolore al cane che avrebbe guaito segnalando in questo modo che in quel momento era mezzanotte sul meridiano di partenza e, conoscendo lora locale, si poteva dedurre la longitudine”.
Sulla questione, “polvere di simpatia” o “unguentm armarium” (v. sotto) Umberto Eco ha impiantato il lungo romanzo “L’isola che non c’è”. Il protagonista Roberto de la Rive, naufragato su … una nave abbandonata, riacquistando la memoria ricorda a sprazzi un suo precedente viaggio su una nave, “Amarilli”, probabilmente in missione per cercare il punto fijo, per ragioni di spartizione delle sfere d’influenza coloniale, e di questo viaggio ricorda di avere trovato sulla nave un cane, nascosto ai passeggeri, un cane ferito, ferito in Inghilterra, e ora torturato: qualcuno sulla nave aveva cura che rimanesse sempre piagato. Ci riusciva con la “polvere di simpatia”: qualcuno a Londra, ogni giorno, a un’ora fissa, potava alla luce l’arma della ferita, o il panno imbevuto del sangue del cane, e la ferita si riapriva.
 
Occupazione italiana – In vacanza sulla “costa anatolica”, la Turchia ex greca, il Mephisto della “Domenica” del “Sole 24 Ore” dell’altra domenica rivede “nelle vie del Dodecaneso, lì di fronte, a Rodi, strade magnifiche e palazzi costruiti quando era il «Possedimento» (1912-1943), vanto del Bel Paese. Qui oggi gli anziani parlano la lingua di Dante”. Elenca poi i misfatti dell’occupazione italiana, in Grecia e in Albania, che sono rimossi – si studia l’imperialismo italiano solo in Africa, e quello tardo, di Graziani e Badoglio. Un’occupazione che così sintetizza: “L’odio selvaggio di militari regi contro gli albanesi delle colonie del Protettorato italiano (19339-1943), passato alla storia per stragi analoghe a quello del Vietnam. Poco importa la reggia di Tirana per Vittorio Emanuele III (che mai vi pernottò), capolavoro di Gio Ponti, boiserie strepitose tuttora intatte, a fronte della storia infamante di giustizia sommaria contro civili greci, comunità ebraiche (Darmytha e Igoumenitsa) e slave (Kosovo e Macedonia). Il tentativo scellerato di conquistare la Grecia si risolse con villaggi messi a fuoco, impiccagioni pubbliche (1942), torture di prigionieri catturati da fascisti italo-albanesi. A Mallakasha fu una Marzabotto (1944), col seguito di ritorsioni dei partigiani albanesi contro soldati e carabinieri dopo l’8 settembre”.  
 
Stregoni – Ce ne sono, ce ne sono stati fino a recente, in Toscana. Lo stregone di Poppi nel  Casentino, che pretendeva di sollevarsi nottetempo su un carro di fuoco e di volare per il cielo, riuscendo nella sessa notte ad assistere contemporaneamente a tre messe, a Costantinopoli, a Gerusalemme e a Roma. Uomo pio e non venale, benvoluto dalla popolazione, e dal parroco. C’era del resto nell’aretino, così si dice, una chiesa della Madonna delle streghe.
Presso un altro castello, in Valdarno, tra Valdarno e Valdarno e Valdambra, a Galatrona, hanno alloggiato per secoli generazioni di maghi e stregoni. Capostipite, quello di cui si sa dagli annali, Nepo da Galatrona, medico personale a Firenze di Giovanni dei Medici e poi mago al servizio di Lorenzo il Magnifico, noto per curare anche gli animali e per praticare incantesimi. La sua farmacopea era segreta, ma si sapeva di un “unguento armario”,  composto da ingredienti esotici: polvere di mummia, muschio prelevato dal teschio di un morto assassinato, grasso di orsa, lombrichi. Descritto di statura grande, capelli neri, barba tagliata a spazzola, carnagione bruna, vestito all’orientale o alla turca, con pantaloni larghi, cappello a punta, mantello.
 
Unguento armario – Quella propriamente detto è una polvere miracolosa in grado di risanare una ferita se applicata non sulla ferita stessa ma sull’arma o oggetto che l’ha provocata. L’inventore, negli anni 1620, ne fu l’inglese Kenelm Digby, cortigiano, “filosofo”, corsaro, diplomatico, cattolico, viaggiatore e residente anche in Italia, a Firenze, dai Medici scientisti, e a Roma, che lo chiamò Unguentum armarium vel Weapon Salve, salvezza dalle armi, e ne pubblicò la composizione in una pubblicazione che intitolava “Discours sur la poudre de la simpathie”, sulla polvere di simpatia. Un composto di vetriolo polverizzato e gomma. Da applicare su un panno insanguinato dalla ferita, oppure sull’arma che l’aveva provocata.
Il principio era che il composto, se applicato sulla ferita l’avrebbe naturalmente ustionata. Ma applicato sul panno insanguinato o sull’arma avrebbe risanato (seccato) la ferita, per un procedimento di “simpatia”, favorito dai raggi del sole: la luce del sole, trasportando gli atomi, avrebbe catturato quelli della ferita e quelli del sangue sul panno o sull’arma, combinandoli per simpatia nella forma della guarigione. Per questo Digby divenne baronetto, oltre che famoso – ufficialmente Giacomo I lo insignì del titolo in ricompensa per i servizi da Digby offerti al figlio Carlo a Madrid, dove l’erede al trono inglese cercava moglie.
Ne “L’isola che non c’è” Eco fa rientrare anche l’unguentum armarium.


Yiddish -  L’adattamento del tedesco parlato, semplificato nella pronuncia, nella sintassi e nella trascrizione, si è sviluppato a partire attorno al Mille nella Germani centrale come tedesco più semplice, anzi elementare, a uso delle donne, come meno alfabetizzate. Specie le donne ebree - gli ebrei figuravano ai tempi come più ignoranti, poveri e quindi ignoranti.
Questa etimologia è ritenuta di fantasia, ma non ce n’è una migliore. Le altre sono presuntive, di una  comunità ebraica rispetto a un’altra. Derivata dal gotico, che dal IV al XVII secolo sopravvisse in Crimea, e quindi sarebbe la parlata dei cazari convertiti all’ebraismo. La parlata degli slavi e baltici in area polacca, che si dicevano ebrei per non venire rapiti e venduti come schiavi.  


astolfo@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento