La scoperta dell’Asia
All’inchiesta
del’ “Economist” sul potere americano nel mondo oggi, dopo il ritiro
dall’Afghanistan, una delle personalità intervistate, Maleeha Lodhi, “stratega
e diplomatica pachistana”, dice: “L’America deve imparare dai suoi passi falsi
in Asia”.
A
ripensarci, l’America in Asia ha sempre compiuto passi falsi. Dalla pace dura
imposta al Giappone all’irrisolto conflitto israelo-palestinese, alla Corea, alle
ostilità indo-pakistane al tempo di Nehru, e di Indira Gandhi, al Vietnam, con
Laos e Cambogia, alla guerra commerciale col Giappone, alla “perdita” dell’Iran,
alla guerra del Golfo, al terrorismo islamico fino all’11 Settembre e oltre,
alle guerre in Afghanistan, Iraq e Siria.
L’egemonia
americana, forse distratta nel lungo dopoguerra da un inizio sotto il fungo
nucleare, dalla guerra fredda con l’Urss, si
è concentrata (limitata) sull’Europa. Con esiti anche ottimi sull’europeismo
nei paesi ex satelliti dell’Urss – l’effetto si rileva ora che gli Stati Uniti
non si occupano più della Polonia, l’Ungheria.
L’egemonia
americana è coerente con l’Europa per una affinità storica e culturale, che le
consente sia il dialogo sia la difesa appropriata? In Asia si deve allora
configurare come un disegno diplomatico – alla Kissinger, che però è europeo di
formazione.
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