Ombre - 585
Il
G 20 che si apre a Roma, venti capi di Stato e di governo, viene su “la
Repubblica” a p. 14 – pagina pari, non di riguardo. Prima è pieno di cosa hanno
detto o da dire Conte, Simona Malpezzi, Letta, Salvini, Fuortes – Fuortes assicura
che i partiti non interferiscono alla Rai. Nonché John Podesta e Patrick
Gaspard, Democratici americani, schierati per il nuovo Ulivo. Si erano
dimenticati di fare il giornale, giusto il compitino?
Il
papa che oggi vede Biden per l’aborto, il presidente indiano per abbattere l’ostilità
indù, e il presidente coreano per aprire una mediazione con la Corea del Nord,
viene su “la Repubblica” a pagina 15, giusto un titolo, poche righe. Biden che a Roma oggi vede Macron, per ricucire la rottura
diplomatica, non viene affatto. Provincialismo? Il G 26 che si aprirà
dopodomani a Glasgow, e (non) deciderà sull’emergenza clima per la quale si
riunisce, prende invece due pagine. Gli inglesi hanno migliori uffici stampa?
Hanno la Regina?
Roma
ospita da oggi venti delegazioni di capi di Stato e di governo, da Biden in
giù, un migliaio di personalità in movimento fra centro storico e Eur per tre
giorni. Nei quali si giocherà la partita Roma-Milan, tutto esaurito, e si terranno
due manifestazioni, a San Giovanni e
alla Piramide, le due aree fra il centro storico e l’Eur. Imprevidenza?
Tolleranza? No, menfreghismo, a Roma niente è più prevedibile – organizzabile,
controllabile.
Sindaco
di Roma da dodici giorni ormai, Gualtieri non dice cosa intende fare, e non nomina
il suo governo, collaboratori, assessori, dirigenti. Non fa neanche circolare
qualche nome. C’è o non c’è? Il Pd romano, che non lo voleva candidato, non
glielo consente? I giornali non ne sanno nulla, neanche s’interrogano.
Fernando
Gentilini avvia una serie “Finis Terrae” su “la Repubblica” spiegando la Libia
con Erodoto. Andare a vedere la Libia no, a un’ora di aereo?
Gentilini è il diplomatico-scrittore? È stato ad Addis Abeba, poteva scendere una volta a Tripoli, o Bengasi. O a Giarabub, dove il “re” Idris se ne stava
rintanato, non senza motivo – re, forse, della sola Cirenaica. Sarà l’effetto
dell’abbandono della geografia a scuola, ma com’è possibile che la Libia resti
sconosciuta all’Italia?
O
è l’effetto dell’obliterazione delle tribù nella storiografia – in una sorta di
politicamente corretto della storia? Ma, anche se fosse, ai giornali non è permesso. È comunque bizzarro che l’Italia, che è stata in Libia per un secolo
abbondante, fatichi a capire che il paese è tribale, irrimediabilmente – come del
resto l’Iraq e l’Afghanistan, altri campi di esercizio della democrazia
occidentale, di partiti, elezioni e altri simulacri.
Il
prof. Gualtieri neo sindaco di Roma scopre che il patrimonio edilizio del Comune,
almeno 40 mila case e appartamenti, non rende nulla e anzi costa. Affitti irrisori,
in gran parte nemmeno pagati, per una burocrazia gestionale da pagare comunque.
Si è fatta una crisi comunale, nel 1993, la seconda giunta Carraro, perché rea
di avere commissionato un censimento del patrimonio a una ditta affidabile. Il primo
provvedimento del commissario fu di disdire l’appalto. È cambiato il Pd di
Gualtieri rispetto al Pci, il Pd romano, di vecchi-giovani maneggioni?
“Ripensare
l’illusione del mercato” è titolo del “Sole 24 Ore”, seppure nel supplemento
domenicale: “Come affrontare inefficienze e disuguaglianze prodotte da un
modello che non un funziona?” Inefficienze? Disuguaglianze? Modello erroneo? È
solo una recensione, di due libri molto critici, Boitani e Block, ma si aprono
le dighe? La verità è agli occhi di tutti.
Imperversano
al cinema, mediati dai festival, film asiatici e americani - del Sud America inizialmente
ora del Nord - da commedia all’italiana. Ma in salsa neo realista e non
bonariamente trasgressiva, di critica borghese: film di poveri contro ricchi. A
effetto però rovesciato, soprattutto quelli coreani e nordamericani (ma di
registi-e asiatici-che): di quanto sono brutti e sporchi i poveri. Ma film osannati
come progressisti.
L’avversativa
al terzo grado (di un’avversativa di un’avversativa) fa un’asserzione positiva
- sono film buoni con i poveri, i senza diritti? O è una doppia, tripla,
confusione? Sono tempi di disincanto, acutamente anzi classisti, ma
assolutamente vogliamo evitare di dircelo.
I
poveri brutti, sporchi e cattivi sono, si penserebbe, quanto di più scorretto
politicamente si può pensare e dire. Invece no: il politicamente corretto solo
protegge-impone le minoranze intellettuali, concettuali – essere nero,
essere donna, essere gay, non essere. I poveri invece sono e basta.
Nessun commento:
Posta un commento