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Teheran a Beirut, come nello Yemen
Gran
viavai di ministri occidentali a Beirut, di Stati Uniti, Francia, Gran
Bretagna, Germania, questa estate, dopo che gli ayatollah iraniani sono entrati
a piedi uniti dentro gli affari libanesi. L’intervento diretto di Teheran a
Beirut data ormai da oltre un anno, da quando la polveriera-porto è saltata, con
centinaia di morti e la rovina di mezza città, svelando l’ammasso di armi e
munizioni di Hezbollah e Amal, i movimenti sciiti libanesi su cui Teheran aveva
fatto fino ad allora conto.
Alla
visite niente è seguito, Teheran ha anzi mano libera. La manifestazione di oggi
contro il giudice Tareq Bitar, che ha incriminato alcuni ex ministri di Amal,
ne è un segno. La manifestazione, organizzata da Amal e Hezbollah per chiedere
la rimozione del giudice incaricato delle indagini sull’esplosione al porto, ne
è la conferma. Amal asserisce che i manifestanti morti sono suoi militanti, e
sono vittime di “cecchini” cristiani, in quanto appostato nel quartiere
cristiano prossimo all’ufficio del giudice. Ma non è così: ci sono stati morti
ma non si sa a opera di chi. La manifestazione è chiaramente intesa a rompere
il fronte nazionale al governo con i cristiani in atto da qualche anno.
Il
giudice Bitar era stato già ricusato da due ministri di Amal, di cui aveva
chiesto il rinvio a giudizio, dopo che erano stati espulsi dal governo per
corruzione, ma senza successo. Per appoggiare le domanda di ricusazione di
altri due ministri convocati da Bitar, Amal e Hezbollah hanno organizzato la
manifestazione di oggi, con l’inento dichiarato di rompere le tregua istituzionale,
in una guera civile mascherata.
Il
giudice Tareq Bitar ha il torto di essere cattolico, benché in fama di
morigerato e inflessibile. È subentrarato a febbraio al primo titolare dell’inchiesta
sull’esplosione al porto, Fadi Sawan, ricusato con successo dai ministri di Amal
che aveva rinviato a giudizio. Colpevole anche lui, benché procuratore militare
in fama di inflessibile, di essere cristiano maronita, cioè cattolico.
Nelle
gite diplomatiche a Beirut, benché a nessun effetto, si sono segnalati per l’assenza
l’Italia e il Vaticano.
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