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giovedì 4 novembre 2021

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (473)

Giuseppe Leuzzi
 
A colloquio con Martini sulla “Stampa”, l’ex ministro socialista Rino Fornica ricorda. “Nel 1944 conobbi Benedetto Croce nella villa dell’ingegner Laterza. A un certo punto, parlando di violenza politica, Croce disse: “Vi siete mai chiesti come mai in Italia non c’è stato un corpo spietato come le SS? Rispose: da noi poliziotti e carabinieri sono tutti ragazzi del Sud, ragazzi di buon cuore. Pensate invece se fossero stati tutti toscani…”.
 
Il V Congresso del Pci, “il primo legale”, tenuto a Roma a fine 1945, propose l’affido temporaneo dei bambini poveri dei quartieri disastrati di Roma, Napoli, Cassino, a causa dei bombardamenti, presso famiglie dell’Emilia-Romagna. “L’accoglienza fu al di sopra di ogni aspettativa”, racconta Miriam Mafai in “Una vita, quasi due: “Migliaia di bambini affamati, storditi e irrequieti vennero nutriti, rivestiti, mandati a scuola, curati”.
Poi, negli anni 1970, in Romagna i casolari abbandonati furono murati perché non li occupassero immigrati dal Sud. La politica ha un ruolo.
 
Maurizio Costanzo, omaggiato con una pagina da Cazzullo sul “Corriere della sera”, si supera. “Intervistai Trump a New York, dopo l’11 settembre. Gran paraculo”, dice: “Poi andai al Madison Square Garden a parlare con gli italoamericani. Lì ho capito cos’è la ‘ndrangheta”. Cioè? “Tutti tenevano in casa la foto di Mussolini. Una volta, nel New Jersey, chiesi del bagno: aveva rubinetti d’oro”. Quelli ce li aveva anche De Mita a Nusco, li vendono negli (ex) “smorzi”, i  negozi di sanitari.
 
Nordici e latini
Sul piroscafo tedesco su cui fa ritorno in Europa nel 1938, dal Messico dove si è recato per il reportage “Le vie senza legge”,  Graham Greene trova la segregazione: “Sembrava vi fosse a bordo una quantità di spagnoli - si poteva riconoscerli all’accento – ma i camerieri li segregavano accuratamente per i pasti, un servizio per i latini ed uno per i nordici”.
Quando uno dei cuochi “balza”, o cade, “fuori bordo” e il piroscafo blocca la marcia - “più di quattro ore navigammo in cerchio, cercandolo” – “qualche segno di irritazione si fece manifesto tra i nordici: una specie di leggero odio rabbioso per l’uomo che aveva causato loro un contrattempo. Quanto ai latini, non se ne curarono per nulla”.
Nord e Sud “pari sono”, si potrebbe dire col Duca di “Rigoletto”.  
“Vi è qualcosa di spaventosamente mondiale”, commenta poi Greene, “in una nave quando si è liberata dalle acque territoriali. Ogni nazione ha la propria privata violenza”. Succede perfino, pare, sulle navi da crociera. E dunque è meglio non provarci con gli ammassamenti in aree circoscritte, con le unificazioni?  
 
Il reddito del Sud
Fa senso, al netto del “colore” della comunicazione oggi d’obbligo anche per le forze dell’ordine, il numero delle truffe sul reddito di cittadinanza, e la “qualità” delle stesse, accertate dai Carabinieri nei quattro mesi estivi in mezzo Sud, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Abruzzi. I tanti con carichi penali, perfino capimafia in attività, quelli con la Porsche o la barca, imprenditori di vario genere, gestori o proprietari di appartamenti, garage, scuole di ballo, 9.247 abusivi tra le (poche)  decine di migliaia di casi analizzati - “c’è persino chi si è inventato di avere dei figli”.
Poi ci sarebbero – qui non c’entrano i Carabinieri, ma ognuno lo può vedere - tutti i percettori del reddito di cittadinanza per i quali “è sempre meglio che lavorare”. E questi sono soprattutto giovani, che tardano a farsi un  mestiere – i mestieri vano scomparendo al Sud, trovarvi un idraulico, un falegname, un elettricista è più difficile che a Roma.
Una goccia, un’elemosina. Un abito mentale? Il bisogno c’è, e si diffonde in Italia, in tutta l’Italia, la povertà è in aumento, il sussidio è sempre più necessario. Ma fra i giovani?
 
Il “santino” di Giuditta Levato
Nel movimento contadino per l’occupazione delle terre, dagli Abruzzi alla Sicilia, nel dopoguerra, si distingue quello delle province calabresi di Catanzaro e Cosenza – oggi di Crotone - sul versante jonico. Avviato per primo a fine 1944  grazie alla legge Gullo, così denominata dal ministro dell’Agricoltura, socialista di Cosenza, che riconosceva a cooperative di contadini il diritto di coltivazione di terre abbandonate o incolte, seppure di proprietà – il racconto, romanzato solo un poco, è di Mario La Cava, “I fatti di Casignana”. Nei contasti tra i contadini e i proprietari, che risposero alla legge Gullo avviando in varie prefetture pratiche per la restituzione dei terreni, si ebbe un incidente mortale, il 28 novembre 1946, a Calabricata, nel comune di Albi, poi denominato Sellia Marina, in provincia di Catanzaro. Nel corso di una contestazione fra i contadini coltivatori e il proprietario Pietro Mazza, un colpo partito, non si sa quanto accidentalmente, dal fucile di un guardiano del Mazza ferì una giovane donna, Maria Levato, 31 anni, madre di due figli e in attesa del terzo. Ferita all’addome, Maria Levato fu trasportata dapprima a casa, e poi all’ospedale, ma non resse alla ferita.
Miriam Mafai ne fece il “santino” per conto del partito Comunista – come racconta nell’autobiografia, “Una vita, quasi due”, p.97: “Giuditta Levato, già madre di due figli e incinta, viene uccisa dalla pallottola di un agrario, e diventa rapidamente il simbolo di queste battaglie (per l’occupazione delle terre, n.d.r.). Il Pci preparò in suo onore quel che chiamavamo un «santino», con la sua immagine e, sul retro, poche parole che ne ricordavano il sacrificio. Fu Luigi Longo a volere che preparassimo questa sorta di immagine sacra, fui io a scriverla anche se a distanza di tanti anni non ne ricordo il testo. Ma è possibile che abbia inserito le parole che la giovane donna pare avesse pronunciato, prima di morire, a chi le stava accanto: «Ai miei figli dirai che sono partita per un lungo viaggio, ma che tornerò…»”.
 
Calabria
Si dice gli Abruzzi e le Puglie, ma la Calabria. Mentre è, da tutti i punti di vista, linguistico, mentale, economico, ambientale, anche naturale – sono diversi i mari, seppure con lo stesso nome, le montagne, le campagne - le Calabrie, come lo era nel Regno borbonico. Le differenze sono enormi, storiche e culturali, l’unità è solo geografica, il “piede”, la lunga penisola appesa al troncone appenninico. La varietà può essere un asset. Oppure un handicap: la politica è in Calabria sezionata, localistica, e quindi inefficiente – inutile quando non è dannosa.
 
Nello scandalo Monte dei Paschi di Siena, il più grave scandalo bancario dopo quello della Banca Romana degli anni 1890, l’unico colpevole accertato è Giuseppe Mussari, di Catanzaro. Uno dei calabresi che saranno ferali a Massimo D’Alema – l’altro è il calzolaio che gli forniva le scarpe milionarie. D’Alema dunque come un piccolo Giolitti senza un (quasi calabrese) Salvemini . che lo accusi, ma affossato da due calabresi?
 
Vanta 180 vitigni antichi, “autoctoni”, un record,  tra cui i rossi gaglioppo e magliocco, e i bianchi greco, mantonico e pecorella, e non produce quasi vino. Giusto 90 mila ettolitri l’anno, poco più della Basilicata - ultima regione in Italia per la produzione di vino, se si eccettua la valle d’Aosta. Il Molise, con una superficie di un quarto, poco meno, e altrettanto montuoso, ne produce due volte e mezzo.
 
Giovanni Visconti Venosta, sedici anni, di famiglia nobile, scende a fare la rivoluzione a Milano a marzo del ’48 contro l’Austria, armato” di “un distintivo di protesta”, una coccarda tricolore, e “con il suo bravo cappello alla calabrese, indossato in quei giorni da chi volesse ostentare i suoi sentimenti di italianità” (Luciano Bianciardi, “Il Risorgimento allegro”, 9). Nei giorni delle Cinque Gornate di Milano che accesero il Risorgimento.
 
Maurizio Fiorino, dopo Peppe Smorto, sente il bisogno di raccontare tipi simpatici incontrati quale  e là per la Calabria, giovani soprattutto. Storie volutamente non singolari, giusto normali – lo fa la settimana del 18 settembre su “D\Lui” di “Repubblica”, il supplemento generato dalla vulcanica Palermi. La Calabria non sa – non riesce, non le è consentito – trovare una normalità, di fare, di pensarsi. Sempre di fretta, sempre in fuga, irriflessiva.
 
La Camera di Commercio di Cosenza fa un concorso giornalistico per chi presenta al meglio la Calabria. Non necessariamente per apprezzare, ma fuori dai cliché. È un tema che questa rubrica ha agitato fin dall’inizio, quindici anni fa, dell’immagine, del “discorso su”. Compresa, come dice il presidente della Camera di Commercio di Cosenza Klaus Algieri, l’immagine che se ne fanno “gli stessi calabresi” – l’odio-di-sé è il peggior veleno.
 
Il freddo s’addice ai calabresi? “C’è tanta espressività nella faccia dei calabresi”, annota la giovanissima viaggiatrice inglese Emily Lowe nel 1855  nel suo “Donne indifese in Calabria”, “che vi si può leggere tutto quello che hanno in mente, per cui non c’è motivo di considerarli con sospetto. Erano di gran lunga gli uomini più belli che avessimo visto, in quanto il freddo degli inverni calabresi conferisce loro una freschezza quasi inglese”.
 
“Tutto all’estremo, come i loro fiumi”, ancora la giovanissima Lowe trova “i calabresi”: “Che o precipitano in torrenti impetuosi , o si seccano lasciando un alveo arido e duro, ma non scorrono mai abbastanza lentamente per riflettere”.  
 
Fu “L’Arlesiana” di Francesco Cilea, il compositore di Palmi, a lanciare la carriera di Enrico Caruso. Fu con “I pagliacci”, opera ambientata in Calabria, dove Leoncavallo aveva vissuto da bambino, con l’aria “Vesti la giubba”, che Caruso ebbe il suo maggior successo, al Metropolitan di New York.
 
Quantum (poco) mutatus ab ille”, mutata nel caso della Calabria. A sfogliare lo speciale che “Il Ponte”, la rivista fiorentina, dedicò alla Calabria nel 1950, un numero doppio che diventò quadruplo. Nel reprint organizzato da Gianfranco Manfredi e Pantaleone Sergi presso la Bios di Lamezia “La Calabria quale era e qual è” viene dato come il titolo dello speciale. Ed è come la regione si fosse fermata a settant’anni fa, con meno energie – idee, personalità, progetti, voglia.
 
Molti i titoli, di autori calabresi, del tipo “Calabria sconosciuta”, “Terra incognita”. “Storia segreta”. Di fatto la Calabria è sconosciuta ai calabresi. Proiettati, dalla scuola, dalla storiografia (quella locale è solitamente dilettantesca), dalla letteratura, fuori di sé. Salvo per tristi eventi e personaggi, più spesso per i cliché di eventi e personaggi, impositivi e ripetitivi, immutabili nei decenni. Senza la grandiosità o il fascino del gotico, del noir - protervia e basta.

“Le parole di un grande scrittore” ritornano alla memoria della protagonista di “Dove mi trovo”, il racconto italiano della scrittrice indo-americana Jhumpa Lahiri, quando dalla terrazza di case osserva il sorgere del sole: “Io, dopo un poco, fuggo interrorito all’ombra…”, il sole riducendolo “un elemento ancora più piccolo di questa terra, un verme o una pianta…”. È Corrado Alvaro, un racconto de “Il mare”.

leuzzi@antiit.eu
 

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