Fellini filologo, con Zanzotto
Una
lettera di Fellini iperletterato, che chiede aiuto a Zanzotto, dovendo doppiare
il “Casanova”, “spericolatamente girato in inglese” già nel 1976), per una
fonetica veneta. Che non sia però un dialetto comune, intende goldoniano,
allora si rappresentava molto Goldoni, in teatro e in tv, “raggelato in una cifra disemozionata e stucchevole”
– una lettera da leggere per intero, Fellini era molti Fellini. Zanzotto risponde
con una plaquette - il nucleo di
questa riedizione, insieme col poemetto “Filò” - di una ventina di
composizioni, in lingua e in veneto-veneziano, inventato ma dal suono
verosimile: armonioso, liquido, scivoloso. Con una parafrasi-variazione del
“Cantico dei cantici” che è invece riprodotto (arrangiato) in latino – un
latino alla san Gerolamo.
Un divertimento e un saggio di fine cultura – due
divertimenti, e due saggi. Un blocco di eptastici (strofe di sette versi), con
invocazione aggiuntiva a Venezia, Venaga, Venusia – “Recitativo veneziano”. E
una “Cantilena londinese”, a proposito della gigantessa veneta che Casanova
incontra a Londra, finita “in un miserabile luna-park, in seguito a un
matrimonio infelice”.
“Questi
due componimenti li avevo già scritti”, annota Zanzotto. Come per una sodale,
naturale, complicità o identificazione con Fellini. E li fa seguire da una paginetta
che è una dottissima disquisizione sul dialetto, suono e immagini, “destini e
«comportamenti» - “restava per me, e resta, l’incognita del «dialetto», della
sua scacchiera particolarmente infida”.
Un
gioiellino. La plaquette originaria,
Edizioni del Ruzante, 1976, con disegni di Felini, e una introduzione di Cristiano
Spila. “Recitativo
veneziano” è in italiano e
in veneziano inventato, casanoviano nel senso che è pieno di riferimenti
sessuali. “Cantilena londinese” è una filastrocca, in petél, il
linguaggio infantile, sperimentato da Zanzotto già nella raccolta “La beltà”,
che distorce le parole e crea nonsense
– teorizzato in “La beltà” come un controcanto alla lingua, una sorta di
liberazione dall’angustia delle regole; un linguaggio inventivo come già Dario
Fo usava in teatro.
“Filò”,
una seconda sezione, aggiunta alle due iniziali per Fellini, è scritto in dialetto
trevigiano.
“Filò”
e “Per il Casanova” sono inclusi nel volumone Oscar “Tutte le poesie”.
Andrea
Zanzotto, Filò. Per il Casanova di Fellini, Einaudi, pp. 84, ill. € 9
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